Colombo

Da EFL - Società Storica Lombarda.
L’emblema dell’ospedale nel 1790
Una rappresentazione artistica dello stemma ospedaliero (XVIII sec.)
Il cortile dell’Ospedale Maggiore, 1680 ca., dettaglio con balie e bambini (© Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico)

Il cognome Colombo è uno dei più diffusi attualmente nelle province di Milano, Monza-Brianza, Lecco, Varese, Como e Bergamo, in particolare nei territori extra-urbani (Nicolini 2015). Benché esista una diversa e ben più antica tradizione onomastica, attestata anche in altre regioni (Liguria, Emilia), nelle aree lombarde il cognome indica spesso la comune, lontana discendenza da una famiglia non biologica, quella formata cioè dalle decine di migliaia di bambini e bambine, nati nelle terre del Ducato di Milano che, nel corso di due secoli, furono ricoverati nell’Ospedale Maggiore della capitale (1456) e negli ospizi ad esso uniti. Si trattava di neonati e di fanciulli che venivano «esposti», cioè abbandonati o in un luogo pubblico o presso tali istituti, perché i parenti non avevano la possibilità, materiale o sociale, di prendersene cura. L’Ospedale provvedeva quindi ad affidarli, dietro compenso, a famiglie contadine perché li allevassero. Nei primi due secoli era previsto che un certo numero di assistiti e di assistite facesse ritorno in città, ma dalla metà del Seicento, in seguito a un radicale mutamento delle strategie di intervento, il trasferimento in campagna divenne quasi per tutti definitivo.

Il cognome Colombo deriva dall’appellativo popolare Colombitt, con il quale venivano designati gli esposti assistiti dall’Ospedale Maggiore di Milano (Cherubini 1839), e trae origine dall’insegna (la colomba dell’Annunciata) del grande nosocomio, perché l’ente assumeva la paternità vicaria – limitatamente ai doveri di alimentazione e protezione – dei minori che ad esso venivano consegnati.

Fino ai primi decenni del Seicento, almeno per quanto si è potuto finora verificare, nei documenti civili e religiosi gli esposti e le esposte milanesi, anche da adulti, erano indicati con il solo nome accompagnato dalla formula «figlio (o figlia) dell’Hospitale». L’attribuzione del cognome Colombo, anche nella variante femminile (Colomba) o al plurale (Colombi), si affermò lentamente e in modo disomogeneo nel corso del XVII secolo, per diffondersi pressoché sistematicamente nel Settecento. L’uso restò a lungo limitato agli adulti, mentre i più piccoli continuarono a essere identificati nel modo tradizionale, ma sempre più spesso anche con l’indicazione del numero progressivo di registrazione e dell’anno d’ingresso nell’Ospedale (es. Rosa n. 716/1777).

Napoleone, con il decreto 11 giugno 1813, n. 97, impose l'obbligo del cognome per tutti i cittadini del Regno d’Italia, legittimando indirettamente l'usanza di attribuire il cognome convenzionale Colombo agli esposti adulti milanesi. L’uso cessò con la circolare governativa 29 novembre 1825, n. 37520-2662, con la quale si disponeva che gli ospizi per trovatelli del Regno Lombardo-Veneto assegnassero cognomi «particolari» (differenti per ciascuno e inventati) agli assistiti e alle assistite, fin dal momento del loro ingresso, con una rotazione onomastica non inferiore ai sei anni (art.7). Si sarebbero dovuti attribuire nuovi cognomi individuali anche gli esposti nati negli anni precedenti il 1825 ma ancora in carico agli istituti

Nel caso di restituzione ai genitori legittimi gli assistiti assumevano nuovamente il cognome della famiglia biologica.

L’uso del cognome Colombo per gli esposti e le esposte è documentato occasionalmente, nei primi decenni dell’Ottocento, anche per l’Ospedale Maggiore di Lodi, che aveva identica insegna.

[Flores Reggiani]

Genealogia

Stemmi

Colomba recante nel becco un ramoscello d’ulivo, sovrastante un cartiglio svolazzante con il motto “Ave gratia plena”, nel fiammante e raggiante. L’emblema della colombina era utilizzato da Bianca Maria Visconti, consorte del duca Francesco Sforza, fondatore del nosocomio (1456).

Storia

Personaggi

Febronia Caterina Colombo (Milano,1760 - 1829).

Esposta il 19 maggio 1760, all’età di quindici giorni, in un «cavagno» appeso alla porta del convento dei Padri Paolotti fuori Porta Comasina, fu portata all’Ospedale Maggiore di Milano e lì registrata con il numero 269. Dopo la restituzione da parte dei suoi «allevatori», il 27 settembre 1776 fu assegnata all’Ospedale di San Vincenzo, dove cominciò l’attività di servente ospedaliera.

Poco tempo dopo (Marelli 1805) la giovane fu scoperta nascosta in un armadio nella stanza del chirurgo Francesco Buzzi (Dervio, 1751 - Milano, 1805), futuro celebre oculista; in seguito allo scandalo fu licenziata. Il 5 novembre 1779 Febronia sposò il chirurgo, ma negli anni 1794-1795, durante la prigionia del marito per «reati d’opinione», iniziò una relazione con il giornalista politico, studioso e poi funzionario pubblico Pietro Custodi (Galliate, 1771 - Galbiate, 1842), amico di Buzzi e come lui di sentimenti giacobini. Febronia convisse con Custodi dal 1799 e lo sposò poco dopo la morte del marito, ma si separò da lui nel 1817, dopo la sua nomina nel 1816 a intendente generale della ferma mista del Ducato di Parma. Solo negli ultimi anni di vita Febronia gli si riavvicinò (Dettamanti 2013, pp. 13-16).

Descritta come una «bellissima donna e di pronto ingegno ma […] strana e spensierata» (Sangiorgio 1875, p. 264), Febronia fu additata quale corresponsabile dell’allontanamento di Pietro Custodi da Parma, poiché avrebbe «profondamente offesa co’ suoi sciali e co’ suoi sprezzi la superbia delle dame della capitale. Là, infatti, tra i parmigiani si ricordano ancora da alcuni le spese enormi dell’Intendente Custodi e l’arroganza sconfinata della baronessa che sfoggiando carrozze e cavalli e servi e banchetti epicurei pareva volesse competere persino colla imperatrice» (Sangiorgio 1875, pp. 267-268; Vianello 1940, pp. 22-24). Il ruolo di Febronia in questa vicenda, tuttavia, è stato decisamente ridimensionato dalla storiografia contemporanea (Antonielli 1989, pp. 113-114).

[Flores Reggiani]

Dimore

- Ospedale del Brolo (prima dimora degli esposti)

- Ospedale di San Celso (i figli "da pane" trasferiti qui probabilmente dagli anni Settanta del Quattrocento, lattanti e balie collocati tra il 1516 e il 1526)

- Ospedale Maggiore "Ca' Granda" (dal 1671)

- Pia Casa degli esposti e delle partorienti di Santa Caterina alla ruota (dal 1780)

- Ospedale di Santa Maria Maggiore o Donna Bona (per le sole femmine adulte, fino al 1572)

- Ospedale di Santa Caterina al Ponte dei Fabbri (per le sole femmine adulte fino al 1572 e per i soli maschi "da pane" dal 1572 fino al trasferimento a San Dionigi)

- Ospedale di San Dionigi (maschi "da pane" successivamente al 1572 fino al 1643, forse con interruzioni)

- Ospedale di San Vincenzo (dalla metà del Seicento per gli esposti e le esposte inabili e dal 1771-1772 fino al 1780 per tutti quelli "da pane")

Iconografia

Dipinti e Ritratti

Pittore lombardo, Il cortile dell’Ospedale Maggiore, 1680 ca., dettaglio con balie e bambini (© Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico)

Archivio fotografico

Fonti

- Archivio Istituti provinciali assistenza infanzia Milano, Bambini. Decreti d’accettazione e mastri generali (1659-1824); Ibid., Fascicoli personali (1800-1825).

- Archivio dei Luoghi Pii elemosinieri di Milano, Carteggio. Famiglie. Colombo (1711-1856).

- Archivio dell’Ospedale Maggiore di Milano, Eredità e legati. Testatori. Colombo; Ibid., Passività. Mutui e capitali da famiglie. Colombo (secc. XVII-XIX).

- Archivio di Stato di Milano, Atti di governo. Popolazione. Parte antica. Registri dei morti (secc. XVI-XVII).

- Archivio Storico Diocesano di Milano, Registri parrocchiali. Matrimoni (secc. XVI-XVIII).

- Archivio storico civico di Milano, Rubriche alfabetiche del Ruolo di popolazione (1811-1834); Ibid., Dicasteri. Persone. Colombo.

- Comune di Milano, Archivio Anagrafe, Colombo.

Bibliografia

- Albini G., Dall’abbandono all’affido: storie di bambini nella Milano del tardo Quattrocento, in «Mélanges de l’École française de Rome – Italie et Méditerranée moderne et contemporaines», 124-1 (2012) (Mythe, Histoire, Croisade. Autour d’Alphonse Dupront – Pratiche dell’adozione in età bassomedievale e moderna – Varia), edizione on-line.

- Bizzocchi R., I cognomi degli Italiani: una storia lunga 1000 anni, GLF Editori Laterza, Roma-Bari, 2014, pp. 183-187.

- Buffini A., Ragionamenti storico-economico-statistici e morali intorno all’Ospizio dei trovatelli in Milano, Pietro Agnelli, Milano, 1844-1845.

- Cherubini F., Vocabolario milanese-italiano, vol. I, A-C, Imperial Regia Stamperia, Milano, 1839, p. 307.

- De Marchi E., Il mestiere di balia. Assistenza agli esposti, cura dei “figli di famiglia”, ricerca di un salario nella campagna milanese fra Settecento e Ottocento, in «Archivio Storico Lombardo», s. XII, vol. XIV, a. CXXXV (2009), pp. 119-151.

- Nicolini L., The Legacy of Foundlings in the Countryside Surrounding Italian Cities, in «Italian Sociological Review», 5/1(2015), pp. 85-103.

- Reggiani F., La costruzione dell’identità sociale degli esposti (Milano, XVIII-XIX secolo), in Ritratti di famiglia e infanzia. Modelli differenziali nella società del passato, a cura di Da Molin G., Cacucci, Bari, 2011, pp. 157-180.

- Reggiani F., Sotto le ali della colomba. Famiglie assistenziali e relazioni di genere a Milano dall’Età moderna alla Restaurazione, Viella, Roma, 2014.

- Reggiani F., “Il collocamento delle figlie sarà sempre favorito e secondato, con piacere e premura”. Assistenza, matrimoni e doti delle esposte milanesi in età moderna, in «Archivio Storico Lombardo», s. XII, vol. XXII, a. CXLIII (2017), pp. 93-116.

- “Si consegna questo figlio”. L’assistenza all’infanzia e alla maternità dalla Ca’ Granda alla Provincia di Milano (1456-1920), a cura di Canella M, Dodi L, Reggiani F., Skira, Milano, 2008.

- Zocchi P., L’assistenza agli esposti e alle partorienti nell’Ospedale Maggiore di Milano e nell’Ospizio di S. Caterina alla ruota tra Sette e Ottocento, in «S.I.De.S. - Bollettino di Demografia storica», nn. 30-31, 1999, pp. 165-184.


Bibliografia su Febronia Colombo

- Antonielli L., Pietro Custodi pubblico funzionario, in Pietro Custodi tra rivoluzione e restaurazione, a cura di Rota D., Cattaneo Paolo Grafiche, Oggiono (Lecco), 1989, pp. 81-119.

- Dettamanti P., “Per giovare all’afflitta umanità”: Francesco Buzzi, medico e giacobino, in «Archivi di Lecco e della Provincia. Rivista di storia e cultura del territorio», 36/1 (2013), pp. 7-33.

- [Marelli G.A.], Giornale storico della Repubblica italiana, con altre notizie dall’epoca del secondo ingresso de’ Francesi nella Lombardia, p. III, t. XXXIV, che comprende gennaio, febbraio marzo 1805, in Biblioteca Ambrosiana, Ms. S.Q. +. 1. 23, ff. 6-7.

- Sangiorgio G., Pietro Custodi, in «Rivista Europea», 1/2, VI (1875), pp. 254-276.

- Vianello C.A., Un diario inedito di Pietro Custodi, Giuffrè, Milano, 1940.

- Scarano GG., Buzzi Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol.15, Roma, 1972, http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-buzzi_(Dizionario-Biografico)/

- Antonielli L., Custodi Pietro, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 31, Roma, 1985 http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-custodi_%28Dizionario-Biografico%29/

Documenti

Collezioni

Note