Lechi

Da EFL - Società Storica Lombarda.
Spreti, vol. IV, p. 79
Spreti, vol. IV, p. 79
Spreti, vol. IV, p. 79
Linea dei Marchesi di Castellarano (Spreti, vol. IV, p. 81)

Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milano, 1928-32, vol. IV, pp. 79-82:

L’origine remota della famiglia Lechi, o Leuco, come venne più spesso chiamata sino al secolo XVI, è a Lecco sul lago di Como. Da quella città la famiglia si stabilì in Brescia nel secolo XIII; infatti nel 1274 compare per la prima volta quel cognome in un rogito del Monastero di S. Chiara coi figli di un Bonaventura; poi, nello Statuto detto dei Malesardi del 1292, compare Giovanni e infine è del 1316 il testamento di Pietro, fondatore della chiesa dei frati, francescani in Rezzato. Distinti personaggi di questa famiglia figurano nel secolo XIV e specialmente durante la signoria di Pandolfo Malatesta: PIETRO, detto anche Perinus, è ufficiale alla corte di quel principe, come pure GIOVANNI, connestabile alle porte Bruciata e di S. Eufemia nel 1412. Alcuni storici opinano che il ramo bresciano dei Lechi sia una derivazione di una famiglia de Manzonibus, pure originaria di Lecco, ove un altro ramo sarebbe rimasto prosperando sino al secolo scorso. Nelle «provvisioni» infatti del ‘400 si leggono ripetutamente i nomi di PIETRO, NICOLINO o CRISTOFORO, identificati o col cognome de Leuco o de Manzonibus de Leuco. Nel secolo XVI un ORAZIO Lechi fu giureconsulto insigne e padre FRANCESCO, detto Lechetto, è ricordato dal Grattarolo nella sua Storia della Riviera di Salò come il grande teologo «cognominato dalla famiglia nobile dei Lechi bresciani»; egli tenne celebrato studio nell’isola di Garda e morì nel 1586 in Buda. Di molti altri si ha menzione in rogiti dei secoli XVI e XVII in Brescia e in Lumezzane, dove la famiglia, nella seconda metà del ‘500 aveva preso stanza, suddividendosi in vari rami. Da BERNARDINO, che viveva sulla fine del ‘500, nacque GIO. MARIA, del quale si conosce il testamento del 1671, e da questi discende il ramo tuttora vivente. Da Gio. Maria nacque FAUSTINO I, il quale accrebbe col commercio le ricchezze della famiglia; suoi figli furono: PIETRO, ANGELO, abate, e BERNARDINO, il cui figliolo BERNARDINO GALEANO, morì in Venezia senza prole. Pietro e Bernardino si erano illustrati sin dal 1728 in nobili servigi alla Repubblica Veneta, rendendosene benemeriti. Munifico e generoso signore, Pietro fu ricordato con lapidi a Lumezzane e a Rezzato, in quel convento che l’altro Pietro, 400 anni prima, aveva pure beneficato.

PIETRO ed ANGELO venivano nel 1724 feudalmente investiti dal vescovo di Brescia in ragione di feudo onorabile e gentile di vaste possessioni in Montirone dove, accresciuto il patrimonio, con fruttuose iniziative, i due fratelli costruirono un nobile palazzo che Pietro costituì centro di famigliare fidecommisso. Stante l’onorifica loro posizione e le molte benemerenze, una Ducale Veneta del 1745 (13 settembre), conferì a Pietro e ai suoi discendenti maschi e ad Angelo, abate, il feudo di Bagnolo di Nogarole, col titolo di conte, ed altra Ducale del 1749 concedeva loro la terra della Meduna colle trentasei Ville annesse in ragione di feudo Nobile e Giurisdizionale con mero e misto imperio e voce nel parlamento del Friuli.

Poco stante una terminazione del Magistrato sopra Feudi del 12 dicembre 1749 dichiara i suddetti Nobili Conti, Nobili del Serenissimo Dominio, qualifica registrata dai Magistrati di Brescia il 14 febbraio 1750.

Figli di Pietro furono FAUSTINO II e GALLIANO. Il primo benefico, generoso, mecenate di musicisti e pittori, raccolse una cospicua quadreria; il secondo impersonò il tipo degli ultimi feudatari; si circondò di bravi e, accusato di soperchierie e delitti, fu bandito dalla Repubblica Veneta e ucciso in Bormio nel 1799. In tale anno, allo scatenarsi della reazione austro-russa che gli devastò i palazzi di città e di campagna, il conte Faustino esulò a Genova ove morì durante l’assedio di Massena. I suoi figli maschi avevano abbracciate le nuove idee e capitanata in Brescia la rivoluzione che vi spense il governo di Venezia. Da questa insigne generazione della famiglia uscirono tre generali napoleonici, Giuseppe, Teodoro ed Angelo, un letterato Luigi, un botanico Bernardo e un agronomo Giacomo, che fu deputato ai comizi di Lione.

GIUSEPPE (1767-1836), il primogenito, già capitano nell’esercito dell’imperatore d’Austria, fu a capo della rivoluzione bresciana, poi generale delle milizie repubblicane; formò la Legione Italica a Digione, scese con essa nel 1800 in Italia, sgominò il nemico a Varallo, combatté gloriosamente a Marengo ove ebbe una spada d’onore, partecipò alla conquista di Napoli, decise in Spagna della presa di Barcellona, tenendo, con prodigiosa fermezza contro lusinghe e assalti, il forte di Montiujch e vi fece atti di inaudito valore. Napoleone, che nel 1809 (15 agosto) lo aveva creato conte dell’impero, lo inviò nel 1813 al Murat col quale fece la campagna per la tentata indipendenza d’Italia, Tra le altre onorificenze ebbe la Grande Aquila della Legion d’Onore. Sposò Eleonora, figlia del conte Siméon, Pari di Francia. Ebbe due figlie adottive.

ANGELO (1769-1855), secondo in ordine di età, fu egli pure generale napoleonico, combatté coi fratelli in Romagna e alla Trebbia, fu aiutante generale di Massena e partecipò all’impresa del S. Bernardo e a tutte le battaglie di quella campagna nonché alla guerra di Spagna. Creato barone dell’impero, si ritirò a vita civile, coprendo uffici pubblici, come quello di Prefetto dell’Olona (Milano), e fu Scudiere del Viceré. Sposò in Spagna la baronessa Carmelita O’ Loghlin, da cui ebbe una sola figlia, Doralice Teodora, sposata in. prime nozze al conte Giovanni Martinengo Villagana, Senatore del Regno, e in seconde nozze al conte Giorgio Barbiano di Belgioioso.

TEODORO (1778-1866) il più illustre dei tre generali, prese parte coi fratelli alla congiura di Brescia nel 1797 e fece le cinque campagne della Repubblica. Alla battaglia di Trento corse primo sul ponte e decise coll’esempio il vittorioso passaggio. Con pari valore combatté ad Ulma ed Austerlitz, nella spedizione di Cattaro e del Montenegro col Marmont, nel 1809 col Viceré in tutte le battaglie del Veneto e del Friuli, poi a Wagram. Napoleone lo premiò creandolo barone dell’impero, il 21 aprile 1810, titolo trasmissibile ai primogeniti con la costituzione di una dotazione fidecommissaria. Nella campagna di Russia comandò la Guardia Reale Italica combattendo gloriosamente nelle più sanguinose giornate a Ostrowno, alla Moscova, a Mosca, alla Beresina, ove salvò prodigiosamente le Aquile Imperiali. A Malojaroslavetz decise le sorti della battaglia e meritò di essere posto colle sue truppe all’ordine del giorno. Chiuse la gloriosa carriera con le campagne del ‘13 e del ‘14; cospirò nel ‘15 nella congiura dei Generali e fu condannato a morte dall’Austria; scontò invece duro carcere a Mantova. Uscitone si ritrasse a vita privata. Sposò nel 1829 la contessa Clara Martinengo Cesaresco.

Nel 1848 in Milano, dopo le cinque giornate, lo si volle a capo delle Milizie del Governo Provvisorio di Lombardia. Emigrò poi in Piemonte dove Carlo Alberto lo fece generale d’armata e gran cordone mauriziano. Nel ’57 ebbe la medaglia d’oro dei dieci lustri di servizio militare. Aveva ricostituito con passione e intelligenza la vecchia quadreria di famiglia di cui dovette privarsi quasi totalmente per sopperire alle multe e ai sequestri inflittigli dall’Austria.

LUIGI, l’ultimo dei fratelli (1786-1869), comandò fanciullo il battaglione della Speranza. Si laureò in medicina. Fu dei Carbonari e nel 1823 venne carcerato, processato e prosciolto. Presidente dell’Ateneo Bresciano dal 1848, salvo intervalli, vi rimase fino a morte, facendo quell’Istituto centro di italianità e di resistenza contro la dominazione austriaca. Nel 1848 fu presidente del Governo Provvisorio di Brescia e nel 1860 Senatore per alti meriti patriottici. Lasciò al Comune di Brescia una preziosissima raccolta di incunaboli e di marmi.

Unico figlio di Teodoro fu FAUSTINO III (1831-1870) che sposò nel 1863 la contessa Giulia Malabaila di Canale, della nobilissima famiglia astigiana e lasciò tre figli, i quali, avendo ottenuto nel 1897 decreto ministeriale di riconoscimento, si trovano inscritti nell’El. Nob. Ital. e vengono qui di seguito nominati con le loro discendenze e con le qualifiche loro spettanti: 1) TEODORO (n. 1864 a Milano), dottore in giurisprudenza, comm. della Corona d’Italia, nobile, conte di Bagnolo di Nogarole, conte della Meduna e ville annesse, barone dell’Impero Francese. Sposa il 7 agosto 1889 la nobile Maria Livia Valotti dei conti di Monzone (n. 1867), da cui: a) Giulia, n. 15 agosto 1890; b) Barbara, n. 29 giugno 1891; c) FAUSTINO (v. avanti per la brisura di linea); d) Adele, n. 30 luglio 1894, † 13 marzo 1898; e) Teodora, n. 10 febbraio 1896, †14 marzo 1898; f) ANTONIO, n. 22 aprile 1901, ingegnere, sottotenente d’artiglieria da montagna, sposa il 30 ottobre 1929 la contessa Elisabetta Bettoni Cazzago, n. 21 dicembre 1904, da cui: GIACOMO, n. 8 agosto 1930; 2) ALFREDO (n.1867, † 1901), sposa il 15 novembre 1892 Anna Vignati, da cui: Nina (n. 1894, † 1918); 3) Clara (n. 1870), sposa il 15 maggio 1892 il conte Alberto Solaro dei marchesi del Borgo San Dalmazzo, generale e grande scudiere di S. M. il Re. La famiglia è iscritta nel Libro d’Oro della Nob. Ital. e nell’El. Uff. Nob. Ital. coi titoli di conte della Meduna e ville annesse, conte di Bagnolo di Nogarole, barone dell’Impero Francese, nobile.

v. s. [Vittorio Spreti]


Linea dei Marchesi di Castellarano

Con RR.LL-PP. in data 4 settembre 1924 venivano riconosciuti, per successione allo zio materno conte Antonio Valotti di Monzone, i titoli di Marchese di Castellarano e di San Cassiano, di Signore di Roteglia al nobile FAUSTINO Lechi, conte della Meduna e ville annesse, conte di Bagnolo di Nogarole, nobile dei Baroni dell’Impero Francese, figlio di Teodoro (vedi linea precedente) nato il 30 ottobre 1892; cavaliere d’onore e di devozione del S. M. O. di Malta, dottore in giurisprudenza, tenente di complemento di cavalleria, decorato di medaglia di bronzo al valor militare e di croce di guerra, cav. uff. della Corona d’Italia. Il 7 ottobre 1920 sposa la contessa Paolina Bettoni Cazzago (n. 19 settembre 1898), da cui:

1) TEODORO, n. 12 ottobre 1921; 2) Federica, n. 25 luglio 1923; 3) LUIGI, n. 23 febbraio 1926; 4) GIULIO, n. 28 ottobre 1928, † 3 ottobre 1929; 5) PIETRO, n. 6 novembre 1930.

La famiglia è iscritta nel Libro d’Oro della Nob. Ital. e nell’El. Uff. Nob. Ital. con i titoli di Marchese di Castellarano e di San Cassiano, Signore di Roteglia, Conte della Meduna e ville annesse, Conte di Bagnolo di Nogarole, Barone dell’Impero Francese, Nobile.

v. s. [Vittorio Spreti]


Ivi, Appendice, parte II, p. 219:

La famiglia è iscritta nel Libro d’Oro della Nob. Ital. e nell’Elenco Uff. Nob. Ital. 1933, coi titoli di Conte di Bagnolo di Nogarole (m.), Conte della Meduna e Ville annesse (m.), Barone dell’Impero Francese (mpr.), Nobile (mf.), in virtù del D. M. di Ricon. del settembre 1897 in persona di:

TEODORO, di Faustino, di Teodoro, n. a Milano 18 gennaio 1864, Dottore in legge, Commendatore della Corona d’Italia, spos. 7 agosto 1889 con la Nob. Maria Livia Valotti dei Conti di Monzone.

Figli: Giulia, n. a Brescia 15 agosto 1890; Barbara, n. ivi 29 giugno 1891; FAUSTINO (vedi appresso); ANTONIO, n. 22 aprile 1901, Ingegnere, Sottotenente d’Artiglieria da Montagna, spos. 30 ottobre 1929 con la Contessa Elisabetta Bettoni Cazzago.

Figli di Antonio: GIACOMO, n. 8 agosto 1930; VINCENZO, n. 22 novembre 1931; ALFREDO (non iscritto nell’Elenco 1933), n. 6 novembre 1934.

Sorella di Teodoro: Clara, n. a Milano 1° maggio 1870, spos. 15 maggio 1892 col Conte Generale Alberto Solaro dei Marchesi del Borgo S. Dalmazzo, Grande Scudiere di S. M. Vittorio Emanuele III re d’Italia.

v. s. [Vittorio Spreti]


Linea dei Marchesi di Castellarano

Sono iscritti nel Libro d’Oro della Nob. Ital. e nell’Elenco Uff. Nob. Ital. 1933 coi titoli di Marchese di Castellarano e San Cassiano (mpr.), Signore di Rotteglia (mpr.), in virtù del R. D. 2 ottobre 1924 e RR. LL. PP. 4 settembre 1925 (per successione dello zio materno Conte Antonio Valotti); coi titoli di Conte di Bagnolo di Nogarole (m.), Conte della Meduna e Ville annesse (m.). Nobile dei Baroni dell’Impero Francese (mpr.), Nobile (mf.), Nobile dei Marchesi di Castellarano e San Cassiano (mf.), in virtù del D. M. di Ricon. del settembre 1897:

FAUSTINO, di Teodoro, di Faustino. n. a Brescia 30 ottobre 1892, Cav. d’On. e Dev. del S. M. Ordine di Malta, Dottore in giurisprudenza. Capitano di Compl. di Cavalleria, per meriti eccezionali, Decorato di Medaglia di Bronzo al Valor Militare e di Croce di Guerra 1915-1918, Commendatore della Corona d’Italia, Podestà di Brescia, sposato 7 ottobre 1920 con la Contessa Paolina Bettoni Cazzago.

Figli: TEODORO, n. a Brescia 12 ottobre 1921; Federica. n. ivi 25 luglio 1923; LUIGI, n. ivi 23 febbraio 1926; GIULIO, n. ivi 28 ottobre 1928, † 3 ottobre 1929; PIETRO, n. ivi 6 novembre 1930; FRANCESCO (non iscritto nell’Elenco Uff. 1933), n. a Brescia 15 luglio 1933.

v. s. [Vittorio Spreti]


Genealogia

Genealogia Lechi

Stemmi

ARMA: D’azzurro alla pianta (leccio) di verde, cucita, nodrita nella punta dello scudo, divisa in tre rami sostenenti ciascuno un’aquila spiegata di nero, cucita, coronata d’oro; il tronco sostenuto da due leoni di oro rampanti, affrontati.

Alias: Partito: 1° (come sopra); 2° troncato: nel 1° troncato: a) di rosso a una M di oro coronata dello stesso; b) d’oro pieno (Meduna); nel 2° partito di oro e di rosso a una banda ondata d’argento attraversante sul tutto (Bagnolo Nogarole).

Alias: (Barone dell’I. F.) inquartato: nel 1° d’argento all’elmo brunito, orlato di oro e piumato di rosso; nel 2° dei baroni dell’Armata e cioè di rosso a una spada d’argento posta in palo; nel 3° d’azzurro a una pianta d’argento affiancata da due torri merlate dello stesso e sormontata da tre stelle d’oro a sei punte e poste in fascia; nel 4° d’argento a tre bande ondate di rosso.


Linea dei Marchesi di Castellarano

ARMA: D’azzurro alla pianta (leccio) di verde cucita, nodrita nella punta dello scudo, divisa in tre rami sostenenti ciascuno un’aquila di nero, cucita, coronata d’oro; il tronco sostenuto da due leoni di oro rampanti, affrontati; con una stella d’ora di otto raggi al cantone destro superiore.

Storia

Personaggi

Dimore

Brescia

Faverzano (Bs) - Villa Longo Agliardi Lechi

Iconografia

Lechi. Dipinti e Ritratti

Lechi. Archivio fotografico

Fonti

http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodfamiglia&Chiave=28654&RicPag=24&RicVM=indice&RicSez=prodfamiglie&RicTipoScheda=pf

Archivi di famiglie e di persone: materiali per una guida, 2: Lombardia-Sicilia, a cura di Giovanni Pesiri, Micaela Procaccia, Irma Paola Tascini, Laura Vallone, Roma, Ministero BBAAC, 1998 (Pubblicazioni degli archivi di Stato. Strumenti; 133), n° 1381.

Bibliografia

http://www.treccani.it/enciclopedia/ricerca/lechi/Dizionario_Biografico/

Documenti

Collezioni

Note