Mantegazza

Da EFL - Società Storica Lombarda.
Spreti App., parte II, p. 257

Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milano, 1935, Appendice, parte II, pp. 257-261:

Il Corio, il Meriggia, Damiano Marinone e Carlo Sigonìo fanno risalire l’origine della casata ad un MANTEGACIO o MANTEGAZZO, il quale nell’anno 965 animò la ribellione popolare contro Landolfo che era stato costituito scismaticamente Arcivescovo di Milano col favore di Ottone II, Per tale fatto acquistò il titolo di alter Brutus patriae libertatis vindex. (Damiano Marinone: «De origine Urbis Mediolani ac nobilium familiarum», fol. 138; Bernardino Corio: «Historia Milanese», fol. 54; Paolo Meriggia: «Liber Historiarum antiquitatis Mediolani», fol. 34; Carlo Sigonio: «De regno italico», fol. 182).

Con Mantegazzo ha inizio una serie ininterrotta di personaggi della famiglia nominati BOSCHINI che pel troppo breve tempo decorso dal capostipìte devono ritenersi fratelli o collaterali di quello. Vuolsi che sulle mura della casa nativa fossero ritratte le figure dipinte dei diversi Boschinì in ordine successivo, colle insegne del comando, degli ordini militari e cavallereschi, collo stemma ed iscrizioni allusive. La casa sorgeva nelle vicinanze della basilica dei SS. Nabore e Felice che nel sec. XIII, passata ai Frati Conventuali, venne intitolata a S. Francesco. Quivi le lapidi sepolcrali attestavano la numerosa successione dei Boschini, quale venne documentata dal Padre Pucinellì nel suo Zodiaco della Chiesa Milanese che riportò l’iscrizione sepolcrale dì BOSCHINO V colla denominazione di inclitus et egregius miles.

Di GIOVANOLO BOSCHINO VI parlava l’iscrizione sulla casa, colla indicazione della data 1080, e colla qualifica di Capitano de’ Tedeschi. Parimenti di BOSCHINO VII, generale dei Milanesi, fondatore del Priorato di Campomorto: cittadino fra i più cospicui nel 1061 fu comandante supremo dei Milanesi nella battaglia fra questi e i Pavesi nei dintorni di Binasco, ove uccise il figlio che comandava il nemico. La strage fu immensa, onde la denominazione del luogo Campomorto. A ricordo ed espiazione di tanta sventura fondò nella località, che si ritiene fosse di sua proprietà, un ospizio pei pellegrini. Questo, col volger dei tempi, convcrtito in canonica, priorato e commenda costituì un Giuspatronato tenuto per secoli dalla Famiglia Mantegazza, con titolo abbaziale ambitissimo che venne assunto da insigni Prelati e Cardinali. (Cardinale Filippo Bolognese 1450; Cardinale Alessandro Peretti di Montalto, 1587; Giovanni del Rio, 1643).

Nella chiesa dell’Abbazia trovasi il monumento sepolcrale di un FRANCESCO Mantegazza, opera dell’Amadeo.

Del patronato trattano i brevi e le bolle di Urbano III, Urbano VI, Martino V, Paolo II, Sisto IV, Innocenzo VIII, Paolo III, Clemente VII, Pio IV, Sisto V, Gregorio XV, Urbano VIII. (Gasparo Bugati, Lib. 2, fol. 143; Tristano Calco, Lib. 6, fol. 130; Gabriele Penotti, Lib. 2, Cap. 26, fol. 313; Verbale Visita Pastorale San Carlo Borromeo 1573).

MICHELE BOSCHINO VIII, capitano generale dei Pavesi, e dei collegati Lombardi, partecipò alla 1ª Crociata (1124); per l’alto valore esplicato nella occupazione di Tiro e Sidone si meritò ed assunse come personale emblema l’impresa di una giovane fanciulla col motto Una fides (iscrizione Casa presso San. Francesco).

Da Michele Boschino discesero nove consoli della città di Piacenza: ROLANDO, GIONATA, GARIMBERTO, ALBERICO, ALBERTO, ZENONE, RAINERIO, GIACOMO e PIETRO al governo di quella città per quasi un intero secolo dal 1132 sino al 1200. (Umberto Locati: «De Piacentine Urbis Origine Successu et laudibus», Cremona 1564. C. Manaresi: «Atti del Comune di Milano fino all’anno 1216»).

GIOVANNI I per insigni virtù venne compreso fra i trentacinque nobili cittadini che nel 1119 approvarono l’esenzione d’ogni tributo alla Chiesa di San Giacomo in Pontida. Il Corio volle spiegare tale privilegio quale compenso, richiesto da San Bernardo, alla sua rinuncia al titolo Arcivescovile; e volle espressamente ricordare il nome dei cittadini partecipi alla concessione, onde accertare la sicura vetustà di talune famiglie (Bernardino Corio, fol. 62; Tristano Calco, lib. 7, fol. 153).

Da Giovanni discesero:

PAOLO I, cittadino tanto illustre e potente da destare timorosi sospetti dell’Arcivescovo che nel 1186 lo confinò nel Castello di Brivio (Bernardino Corio, fol. 340); FRANCESCO, restauratore dell’Abbazia di Campomorto fondata dal proavo; PAOLO II e BOSCHINO IX.

Paolo II, partigiano dei Della Torre e del Marchese di Monferrato, avendo partecipato ad una cospirazione, venne espulso e relegato a Bobbio nel 1287 (Bernardino Corio, fol. 385).

Figli di Paolo iuniore furono: GALEAZZO, consigliere Ducale di Luchino e di Giovanni Visconti; GIOVANNI BOSCHINO X, Cavaliere gerosolimitano, commendatore a Napoli, capitano di terra e di mare; nel 1390 armò col proprio diverse navi a difesa della Fede (Sercambio: «Cronaca di Lucca»); Agnese, notissima per la sua bellezza e che ebbe da Gian Galeazzo due figli: ANTONIO, morto in giovane età e GABRIELE, legittimato da Venceslao, insignito dal padre della Signoria di Pisa. Agnese, coinvolta nelle tragiche vicende del figlio, che morì poi decapitato, perì nell’assedio di Pisa ove ella combatté accanto ad esso (anno 1405). La vita avventurosa, la sua bellezza e la tragica fine, eccitarono la fantasia popolare: fu protagonista di novelle del tempo e fra i personaggi del romanzo ottocentesco «Il Conte di Virtù» di Carlo Belgiojoso. (Litta: «Famiglie celebri italiane», Casato VISCONTI). BOSCHINO IX, all’opposto del fratello Paolo II, parteggiò pei Visconti; espulso dai Torriani, rientrato in patria al seguito di Matteo Visconti colla venuta e per concessione di Enrico VII di Lussemburgo, cooperò valorosamente all’ultima cacciata dei Della Torre e fu il primo ad acclamare la fazione ghibellina; la saggia prudenza e la generosa virtù del suo carattere lo resero prescelto da Galeazzo I e da Azzone, e dall’Arcivescovo Giovanni per ardui incarichi ed importanti negoziati; fra tanti, particolarmente degni di menzione, il suo audace intervento nel Consiglio della Città di Monza che ne animò la coraggiosa opposizione all’avanzata di Lodovico il Bavaro (26 aprile 1329) e la sapiente ripartizione del vasto principato di Giovanni Visconti fra i nipoti Matteo II, Galeazzo II e Bernabò (ottobre 1353); infine egli pure ebbe l’onorifico conferimento del titolo di Capitano e di Cittadino della Repubblica Veneta per insigni benemerenze. (Tristano Calco, fol. 452: Bernardino Corio, fol. 475 e 528; G. Ripamonti: «Cronache della Città di Milano», lib. 2, pag. 150; Iscrizione sopra la Casa presso San Francesco; L. A. Muratori «Rerutn Italicarum Scriptores», Tomo IX de Johannes de Cermenate, pag. 1246; «Historia de Situ, origine ecc. Urbis Ambrosianae».

Figli di Galeazzo furono: BOSCOLO, Decurione di Milano, versatissimo nell’arte militare, dal Duca Gian Galeazzo venne nominato Capitano della Cittadella di Milano, come affermano antiche notizie e lettere Ducali (P. Meriggia, fol. 699; Privilegio Ducale di Gio. Galeazzo Visconti da Pavia, febbraio 1398); RAINERIO, Decurione di Milano, Consigliere intimo di Gian Galeazzo (P. Meriggia, fol. 698; Lettera Ducale del novembre 1388).

A costoro seguirono: ANTONIO, Collaterale del Duca Filippo Maria Visconti e nel 1444 dei Dodici di Provvisione; PAOLO, compreso fra i 150 nobili cittadini che a nome di ogni porta della città dovettero prestare il giuramento di fedeltà (20 dicembre 1470) al primogenito di Galeazzo Maria Sforza. (Istrumento di giuramento rogato 28 dicembre 1470 da Francesco de Bullis). Nel 1468 Paolo aveva fondato l’oratorio di Settimo Milanese, raro ed elegante esemplare dell’architettura del XV secolo, internamente adorno di pregevoli affreschi, già attribuiti a Masolino da Panicale (Beltrami e Santambrogio: «Remniniscenze di storia ed arte nella Città e Suburbio di Milano»).

Ben degni continuatori delle paterne virtù furono: SIMONE, GIOVANNOLO ed ANDREOLO. Nel 1322 Galeazzo I Visconti elesse Simone predetto fra i dodici nobili cittadini costituiti al governo di Piacenza e designati a proteggere il giovane Azzone dagli attacchi della lega del Re di Napoli e di Papa Giovanni XXII. I suoi discendenti, che si denominarono dalla Terra di Lugagnano, di cui era stato investito, si estinsero nel 1693 (B. Corio, fol. 450).

Giovannolo, Consigliere Ducale, l’anno 1385 dei Dodici di provvisione, Decurione di Milano, col fratello Andreolo, che nel 1390 era stato eletto coi più prudenti cittadini a compilare un regolamento del Censo, valorosamente fedeli ai Visconti, si opposero con Jacopo dal Verme, Antonio Visconti e Jacopo della Croce al minaccioso attacco dei Guelfi capeggiati da Ottone Ruscone (23 maggio 1404).

Da Giovannolo derivò il ramo dei Signori di Settimo, che si spense nel 1675; da Andreolo i Signori di Solbiate. (Pietro Crescentio nell’«Anfiteatro romano», fol. 229; Bernardino Corio, fol. 689; Paolo Meriggia, fol. 700; Manoscritti colla firma Ducale).

Fra i figli di Andreolo sono da annoverarsi ANTONIOLO, LEONE e PARASIO.

ANTONIOLO, famigliare di Giovanni Galeazzo, il 20 luglio 1408 eletto nel Consiglio Generale, nel 1409 dei Dodici di provvisione, nel 1410 deputato alle pubbliche entrate; il meritato prestigio, di cui godeva presso la famiglia Ducale, venne scosso dalla valorosa partecipazione dei figli suoi ANDREA e BERTONE alla congiura che spense il crudele GIOVANNI MARIA. Durante il lungo esilio dei figli, Antoniolo, fatto segno a dolorosi sospetti, si ritirò nel feudo di Solbiate, mentre il fratello Leone, che nel 1388 era stata eletto priore della Abbazia di Campomorto, veniva inquisito e privato del titolo, in sua vece conferito al Padre Giovanni Landriano ed al Cardinale Filippo Bolognese (Rafaello Fagnano, fol. 491; Pietro Crescentio, fol. 227, 78, 211; Bernardino Corio, fol. 705; Paolo Meriggia, fol. 147; Giorgio Merula, parte II, fol. 132; Lettere Ducali; Bolla di Urbano VI, 1388; Commissione Apostolica di Martino V, 1421).

Da Parasio seguirono JACOPO ed ANTONIO, il quale ricorse a Sisto IV per ottenere la reintegrazione nel diritto elettivo alla Abbazia di Campomorto ricevendone l’investitura il 4 ottobre 1476 (Breve di Sisto IV). Sull’Abbazia di Campomorto esiste una biografia alimentata da quanto scrissero parecchi giureconsulti per la discussa assegnazione dell’avito patronato fra i due rami dei Mantegazza.

GIOVANNI, detto il grande, fu fra i primi ad essere eletto a far parte della Repubblica Ambrosiana (1447-1450) per preclare virtù meritandosi il titolo di Difensore e conservatore della libertà della patria. (Decreto di Libertà della Repubblica di Milano, 7 settembre 1447; Pietro Crescentio, fol. 118).

FRANCESCO BOSCHINO XI, Capitano dei cavalli sotto Lodovico il Moro, Consigliere di Giovanni Galeazzo Sforza, nel 1518 fu da Leone X creato Conte Palatino; FRANCESCO, probabilmente un collaterale, nel 1497 con Roberto Quarterio e Cristoforo Remenulfo costituì una Confraternita, chiamata di Santa Corona, la quale con spirito umanitario innovatore procurava assistenza a domicilio agli ammalati poveri e li forniva di medicinali gettando il primo seme di una idea che diede vita e sviluppo al secolare, oggi fiorentissimo Istituto di Santa Corona. Francesco Mantegazza è compreso fra i dodici deputati di Santa Corona raffigurati nell’affresco del Luini conservato all’Ambrosiana.

Da Giovanni il Grande, che sposò Caterina Pusterla discesero: PIETRO, sposo a Venezia de’ Canavesi; BALDASSARRE a Caterina dei Mantegazza di Castello; ANGELO a Cecilia de’ Besozzi; GIOVANNI PIETRO a Francesca dei Mantegazza d’Incardolo; ANGELO a Veronica Battaglia. Questi nel 1587 elesse al Priorato di Campomorto il Cardinale Alessandro Peretti di Montalto; FRANCESCO, che dalla moglie Costanza Lavagna Visconti ebbe ANGELO MARIA e PIETRO.

ANGELO MARIA, Segretario della Cancelleria di Stato e poi di quella di Guerra presso Don Paolo Spinola Doria, Governatore e Capitano Generale del Ducato di Milano; questore del Magistrato ordinario, nel 1685, fu incaricato di fortificare Sabbioneta e di abbattere le piazze forti di Bergolo d’Alessandria e di Guastalla nel 1689; durante l’invasione francese venne eletto provveditore generale dell’esercito degli Stati di Milano e del Piemonte. In benemerenza di tanti servigi, con privilegio 4 giugno 1692 fu investito da Carlo II di Spagna del feudo di Liscate, col titolo di marchese. Seguendo l’esempio de’ suoi maggiori difese fervidamente i suoi diritti al priorato di Campomorto; ripristinò lo splendore della famiglia; eresse, con disegno dell’architetto Giuseppe Quadri, il palazzo di Brugarolo; morendo improle lasciò erede generale, compreso il feudo di Liscate, la nipote Costanza, figlia di suo fratello Pietro e di Giulia da Rho, della antichissima e chiarissima stirpe Raudiense ritenuta del sangue reale di Sassonia. Costanza, ultima superstite, sposò nel 1722 il nobile Don Angelo Luigi Meraviglia, onde il patrimonio ed il titolo feudale vennero trasmessi nell’antico Casato patrizio dei Meraviglia.

v. s. [Vittorio Spreti]


Ramo di Benedetto

Ramo dell’illustre famiglia dei marchesi di Liscate, alla quale apparteneva quella Costanza che nel 1722 sposò Angelo Luigi Meraviglia, che fu nominato erede universale nei beni e nel titolo marchionale dal marchese Angelo Maria Mantegazza, zio di Costanza, con l’obbligo di aggiungere al proprio il cognome del testatore.

Nella complessa genealogia della famiglia pubblicata da Damiano Muoni (in Giornale Araldico-Genealogico-Diplomatico, a. 1873-74, tomo I, pp. 129-141), purtroppo manca tutta la discendenza di BENEDETTO, di Francesco, di Antonio, dal quale ebbe origine il ramo di cui si tratta. Simile lacuna si lamenta negli atti relativi alla concessione infrascritta fatta, come tosto si dirà, nel 1838, ai discendenti da BENEDETTO. L’attacco genealogico, tuttavia, non è dubbio. Già il Muoni, nella sua genealogia, riferendosi a Benedetto (p. 136), scriveva: «Vuolsi che la sua posterità si protragga fino ai nostri giorni, suddivisa in vari rami, fra cui il principale ritiensi rappresentato dal nobile dottore in legge Boschino, già aggiunto all’I. R. Giudicatura Provinciale di Finanza in Lodi, ammesso agli onori di Corte nel 1857» e soggiungeva che il medesimo BOSCHINO nel 1872 fu ammesso tra gli aventi diritto al giuspatronato sull’abbazia di Campomorto, uno dei più antichi e cospicui di Lombardia, Ma il Muoni certamente ignorava che fin dal 1834 GIOVANNI Mantegazza, cavaliere dell’Ordine della Corona di Ferro e commendatario dell’abbazia di Campomorto, insieme con suo fratello AUGUSTO, giureconsulto, e il cugino germano BOSCHINO, allora alunno di concetto presso l’I. R. Magistrato Camerale, aveva presentato regolare istanza per essere confermato nell’antica nobiltà. Giovanni ed Augusto erano figli di GIUSEPPE, che aveva presentato analoga istanza al Governo Austriaco nel 1829, istanza che aveva visto respinta, perché «la nobiltà della sua famiglia non era stata riconosciuta dai preesistenti uffici araldici».

Più fortunata fu invece l’istanza di GIOVANNI e di AUGUSTO, suoi figli, inviata purtroppo a Vienna, insieme con tutti i documenti di prova che vi erano allegati. Sappiamo però dal rapporto 6 aprile 1835 del Consigliere di Governo Parravicini (Arch. di Stato in Milano, Governo, p. m., Araldica, cart. 131, fasc. MANTEGAZZA) che essi avevano dimostrato di appartenere alla stessa famiglia Mantegazza riconosciuta con decreto 13 aprile 1771 dal Tribunale Araldico, di discendere da un FRANCESCO, di Antonio, di Giovanni, vivente nel 1566 e da BENEDETTO, figlio del predetto Francesco, nominato in un atto dell’11 marzo 1578, come membro di un consiglio di famiglia, e che infine erano in possesso con altri del diritto di giuspatronato sull’abbazia di Campomorto. Si può quindi essere sicuri che Giovanni ed Augusto discendevano da Benedetto, che figura nella genealogia data dal Muoni appunto come figlio di Francesco, di Antonio, quest’ultimo figlio di Giovanni, difensore e conservatore della libertà di Milano nel 1447.

Con Sovrana Risoluzione 6 marzo 1838 l’istanza dei fratelli predetti fu respinta dall’Imperatore d’Austria, che si dichiarò disposto invece a conferire loro la nobiltà austriaca. Avendo essi accettato, con altra Sovrana Risoluzione in data 7 luglio dello stesso anno fu concesso il titolo di Nobile dell’Imp. Austr. (mf.).

La famiglia è iscritta genericamente nell’Elenco Uff. Nob. Ital. 1933 col titolo di Nobile (mf.), Trattamento di Don e Donna, pei Discendenti da AUGUSTO (1838).

f. f. [Francesco Forte]


Vedi anche Meraviglia Mantegazza


Genealogia

Genealogia Mantegazza

Stemmi

ARMA: Sbarrato di oro e d’azzurro; col capo d’oro carico dì un’aquila di nero, coronata del campo. (Arch. Stato Milano, Codice Araldico, pag. 204).

MOTTO: Una fides.

Stemmi famiglia Mantegazza

Storia

Personaggi

Dimore

Milano

Sepolture

Iconografia

Dipinti e Ritratti

Archivio fotografico

Fonti

Bibliografia

http://www.treccani.it/enciclopedia/mantegazza_(Dizionario-Biografico)/


http://verbanensia.org/biografie_details.asp?bID=30151&action=M&tipo=2

Documenti

Collezioni

Note