Valvassori
Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milano, 1928-32, vol. VI, pp. 803-804:
VALVASSORI o VAVASORI
Il cognome dei Valvassori o Vavasori deriva dal grado e dall’investitura ch’essi avevano nell’ordinamento feudale, come quello dei capitani o cattanei. I nobili Medolago erano in origine Vavassori di Medolago.
Ben presto la famiglia Vavassori si diffuse in Bergamo e fuori, dando anche origine a nuovi cognomi come quello di Viscardi.
La città di Bergamo ha riconosciuto la antica originaria cittadinanza dei Vavassori di Telgate, 1589 e 1732; Borgo S. Leonardo in Bergamo, 1783; Suisio, Piazza Mata, Medolago, Calcinate, 1784; Osio Sotto, Mapello, Cisano, 1785; Borgo Canale in Bergamo, Martinengo, Cortenuova, Foresto Sparzo, 1788; Padova, 1790; ha pure riconosciuto la nobiltà di un ramo, 1652, e quello dei conti di Prato nell’anno 1752.
Però queste cittadinanze fanno capo a stipiti diversi: BERGAMINO di Bernardo, secolo XIV; FEDELE, 1383, di Oberto in Medolago; GIACOMINO, di Antonio, di Gervasio, in Suisio, e GIORGIO, di Antonio, di Gervasio, in Medolago, sec. XIV; GIACOMO, di Marchisio, sec. XIV, e TONOLI, di Giacomo, in Mapello, sec. XV.
Il primo iscritto nel Consiglio di Bergamo col cognome Medolago fu BERNARDO, e col cognome Valvassori e Vavassori di Medolago fu GIORGIO, 1603-1625.
Ad ALESSANDRO Valvassori di Medolago venne concesso il titolo di conte da Francesco III d’Este, duca di Modena, con diploma 25 ottobre 1744.
La famiglia è iscritta genericamente nell’El. Uff. Nob. Ital. del 1922 col titolo di conte (m.).
g. l. [Giuseppe Locatelli]
Ivi, Appendice, parte II, pp. 652-654:
VALVASORI
La famiglia Valvasori che ha nel nome la prima ragione storica delle sue origini e della sua nobiltà, fioriva in Bergamo splendidamente già dai primi secoli del basso Medio Evo. Una dichiarazione del 5 gennaio 1790 rilasciata dai delegati del Comune di Bergamo a GIOVANNI BATTISTA, di Domenico, e ai fratelli di costui ANTONIO SANTO, AGOSTINO ALVISE e Marina Lucrezia, li fa discendere, con l’appoggio di documenti probatorii, da un BERNARDO detto BURNIZZONE DE’ VAVASSORI, cittadino di Bergamo nel 1340, e li dichiara, con i loro legittimi discendenti, «abili e capaci di godere e percepire degli officii, benefici, immunità, esenzioni, prerogative, onori, grazie e privilegi che godono, e percepir ponno, o potranno in avvenire gli altri antichi originari cittadini di Bergamo». Un’altra dichiarazione, del 27 luglio 1799 rilasciata dai Delegati del Comune ad un ramo discendente da BERGAMINO, di Gelmino, di Giovanni, di Bergamino, di Bernardo detto Burnizzone de’ Vavassori, riporta più su di tre generazioni l’ascendenza di detto Bernardo Burnizzone, e cioè fino a DOGALDO, cittadino di Bergamo nel 1201. Enunciare una genealogia, provata e riconosciuta ufficialmente, di oltre sette secoli, equivale affermare implicitamente, accanto alla insigne antichità, anche la nobiltà della famiglia, poiché come avviene dei monumenti storici, così accade delle cose umane: che resti traccia duratura, attraverso i secoli, solo delle famiglie che hanno in sé la ragione storica del loro perdurante splendore. D’altra parte è difficile pensare che questa cittadinanza primitiva, originaria, ab immemorabili, non costituisca per sé stessa l’aggregazione naturale, primigenia, ab immemorabili, alla nobiltà civica di Bergamo; ond’è che la dichiarazione del 27 luglio 1799, riferendosi ad una precedente dichiarazione rilasciata dal Magnifico Consiglio di quella città il 26 aprile 1732 ai fratelli GIUSEPPE ANTONIO e CARLO LORENZO, del ramo collaterale, la definisce «diploma di antica, originaria e Nobile cittadinanza».
E qui giova illustrare un problema storico, che si richiama ai famosi comitati rurali sorti in Lombardia all’epoca carolingia, anteriori di poco, o anche contemporanei, alle prime memorie storiche dei Valvasori, già fiorenti nel 1200. L’autorità e la giurisdizione del Conte di Bergamo (la storia ci ricorda parecchi di questi Conti Palatini, fioriti tra l’alto e il basso Medioevo) viene naturalmente e gradatamente spezzandosi nei suoi rapporti minori del contado, i quali, con la qualifica di VALVASSORI e VAVASSORI, esercitano nel territorio una vera ed effettiva giurisdizione. La giurisdizione, come magistratura civile e politica, crea, secondo un postulato della giurisprudenza feudale, la nobiltà. E il titolo di valvassore è eminentemente feudale, in quanto esprime l’esercizio permanente di una giurisdizione feudale nel contado rurale, in nome del Conte Palatino. Scrive a questo proposito l’autorevolissimo Ducange (ediz. di Niort, 1887; vol. VIII, pag. 255): «Vavassores, vel Valvassores generatim sunt vassalli feudales». E lo storico della Monarchia di Savoia, Samuele Guichenon, riporta nella sua «Histoire généalogique de la R. Maison de Savoie» (ediz. di Lione, 1660; vol. II, pag. 92) la carta dell’Imperatore Federico II, del 1249, nella quale i Valvassori, secondo la graduatoria delle precedenze feudali e civili, stabilite dalla Cancelleria imperiale del tempo, ricorrono citati dopo i Conti e prima dei Nobili: «Marchionibiis, Comitibus, Vavassoribus, Nobilibus, Potestatibus» ecc. Il diploma è contemporaneo alle prime generazioni conosciute della famiglia. Giova inoltre aggiungere che quando la carica — bellissimo esempio per chi studia le origini dei cognomi — si trasforma, come nel caso nostro, in cognome, si ha la doppia certezza di una funzione storica diventata ereditaria nella famiglia, e del diritto storico nobiliare, creato nella famiglia stessa da questa funzione storica, nobile e nobilitante.
Per poco che si studi, sui documenti degli archivi municipale e capitolare di Bergamo, la costituzione civile e politica di quel comitato nel territorio rurale, risulta evidente che il territorio stesso dipendeva pressoché interamente dalla grande famiglia dei Valvasori, presunta propaggine, secondo gli studi genealogici più recenti, delle grandi famiglie signorili della prima età di mezzo. E così intorno alla città e al territorio limitrofo fioriscono i Valvasori di Calepio, di Tagliuno, di Medolago, di Verdello, di Albano, di Selvino, di Credaro, di Pognano, di Telgate, di Belvedere, di Calusco, ecc.: bella e lunga rassegna di nomi storici.
Un ultimo e capitale argomento per l’antica nobiltà dei Valvasori è nella dichiarazione rilasciata dagli Anziani di Bergamo, il 17 aprile 1652, a GIOVANNI BATTISTA Vavassori. Nel documento è affermato un doppio fatto: cioè il costui proposito di far ricevere nell’Ordine di Malta, auspice il barone Lodovico von Edling, il figlio GIOVANNI GIACOMO; e la nobiltà della famiglia. Quest’ultima affermazione è il necessario corollario storico della prima; poiché era ben noto che per l’aggregazione all’Ordine insigne, secondo gli statuti compilati nel Capitolo generale del 1613, cioè di appena un quarantennio innanzi (ediz. di Borgo Nuovo nel marchesato, di Roccaforte; 1718, vol. del «Compendio», pag. 74), erano necessari nella lingua d’Italia duecento anni di nobiltà. Risalire dal 1652 al 1452 significa riportare la nobiltà dei Valvasori ad un’epoca in cui, per l’esiguo numero delle generazioni allora fiorenti, entrava necessariamente e fra le primissime a formare la nobile famiglia la più antica delle linee conosciute, quella di Dogaldo, cittadino di Bergamo nel 1201, primissimo capostipite.
Quanto si è detto fin qui giova a spiegare un altro fatto, cioè il conferimento del titolo comitale a più rami della storica famiglia. I documenti ricordano il ramo dei Valvassori di Bergamo, trasferitisi a Modena e insigniti del titolo trasmissibile di Conte per tutti i maschi dal Duca Francesco III d’Este, con diploma 25 ottobre 1744, nelle persone di FRANCESCO, ALESSANDRO GAETANO e GIAN MARIA Valvasori di Medolago. La famiglia aveva preso residenza in quel ducato già qualche secolo innanzi, e nell’Archivio di Stato di Modena è conservato il carteggio di alcuni personaggi di questo ramo.
A Prato in Toscana viveva un’altra famiglia di Conti Valvasori, originaria di Bergamo, alla quale il Consiglio nobile di questa città rilasciava, il 6 settembre 1752, una dichiarazione di nobiltà. E la tradizione afferma che MICHELE Valvasori, discendente da un ramo collaterale, fu creato Barone del Sacro Romano Impero dall’Imperatore Ferdinando II.
La famiglia trasferitasi per tempo da Bergamo a Padova, fu colà ascritta, come dedita ai grandi traffici lanieri, alla Corporazione o Università della lana, che nella costituzione economica della Repubblica Veneta godeva di singolari privilegi. Così, negli Archivi di quel Museo civico (sezione Biblioteca civica) è menzione di GIOVANNI BATTISTA Valvasori, del fu Domenico, aggregato, nel 1755; di ANTONIO Valvasori, altro figlio di Domenico, aggregato nel 1769; di LUIGI GAETANO Valvasori. figlio del predetto Giovanni Battista, aggregato nel 1770; e di GIOVANNI BATTISTA, figlio dell’omonimo, aggregato il 21 dicembre 1790. Costui, nato nel 1781, veniva elevato, con Vice Reale Dispaccio 28 novembre 1840, alla prima magistratura cittadina di Podestà, carica che, secondo l’Editto 20 novembre 1769 dell’Imperatrice Maria Teresa (Capo I. § VII), ripubblicato con Circolare governativa del 3 novembre 1833, conferiva all’investito la nobiltà personale. Solitamente però la carica podestarile nelle città più cospicue dell’antico dominio Veneto, era riservata alle famiglie già nobili per nobiltà ereditaria. E Padova, sede di uno studio famoso in Italia e fuori d’Italia, era tra queste città, dopo Venezia, la più cospicua.
Le benemerenze insigni del Podestà di Padova, Giovanni Battista Valvasori, vivono tuttora nella memoria di quei cittadini, e Cesare Cantù, nella sua «Storia di un Ghibellino» (pag. 132 n.), ne ricorda con onore l’opera intelligente, data al riordinamento di quell’importante archivio comunale. Era suo figlio il dottor GAETANO, medico e naturalista di fama, che, morendo a Roma nel 1875, legava al Ministero un nuovo modello, tendente a perfezionare le trasmissioni telegrafiche. Fratello di costui fu LUIGI, che sposava Laura dei Conti Panciera di Zoppola. Da questo matrimonio nacque a Padova il 13 dicembre 1848 il dottor CAMILLO, padre degli attuali iscritti nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana.
La famiglia è iscritta nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana col titolo di Conte (mpr.) in virtù dei RR. DD. 15 marzo e 15 giugno 1933 e RR. LL. PP. 21 settembre 1933, in persona di:
PIERO, di Camillo di Luigi.
Fratelli: LUIGI, Laura, GAETANO e Maria.
Figli di Luigi: ANTONIO ed Eugenia.
Figlie di Gaetano: Elena, Anna, Eugenia.
Figlio di Antonio, di Luigi: LUIGI.
m. z. [Mario Zucchi]
Ivi, vol. VI, p. 803:
Distinta famiglia padovana, alla quale, nel 1898, fu concesso il titolo di nobile.
La famiglia è iscritta nel Libro d’Oro della Nob. Ital. e nell’Elenco Uff. Nob. Ital. col titolo di nobile (mf.), in persona di GIOVANNI BATTISTA, di Luigi, di Giovanni Battista. Figli: ANTONIO ed UBALDO. Figli di Antonio: Maria Luisa, GIAN BATTISTA, GIROLAMO.
Figli di Ubaldo: FRANCESCO, Teresa e Margherita.
b. c. [Baldassare Compostella]
Indice
Genealogia
Stemmi
ARMA: D’azzurro al castello d’argento, merlato alla guelfa, aperto e finestrato di nero, sorgente da un monte di verde, movente dalla punta, il castello torricellato d’un pezzo al centro e questo accostato ai lati da un fiordaliso di argento. (In altre armi la campagna è un lago di argento chiazzato di verde. Raccolta Muletti, n. 65; Camozzi, n. 2617 e 3164; Pagano, n. 137). (Vavasori di Medolago).
Alias: Troncato: nel 1° d’azzurro al castello accostato ai lati da un fiordaliso, il tutto d’argento; nel 2° d’oro a due scaglioni di argento. ( Raccolta Muletti, n. 197; Camozzi, n. 1963).
Alias: Troncato: nel 1° d’azzurro al castello accostato ai lati da un fiordaliso, il tutto d’argento; nel 2° fasciato increspato d’argento e d’oro. (Raccolta Muletti, n. 197; Camozzi, n. 1963).
Alias: Troncato: nel 1° d’oro all’aquila di nero, coronata del campo; nel 2° di rosso al castello merlato alla guelfa di cinque pezzi d’argento, murato e aperto di nero. (Raccolta Manganoni, pag. 87; Castello, pag. 28, con il castello merlato di quattro pezzi e sorgente dalla campagna di verde).
Alias: Troncato d’azzurro e d’argento al giglio dell’uno nell’altro. (Vavasori Viscardì). (Raccolta Muletti, n. 85 e 204).
Ramo di Padova
ARMA: Di rosso alla torre d’argento di due palchi, merlata alla ghibellina, aperta e finestrata del campo, sormontata da un’aquila di nero, fondata sopra una campagna di verde bagnata, verso la punta dello scudo, da un fiume ondato d’argento e solcato da una barchetta carica di tre rematori seduti, quello di mezzo rivoltato, il tutto al naturale.
ARMA: Troncato: nel 1° di rosso al mastio di fortezza d’argento di due piani, merlato alla ghibellina, fondato nella pianura erbosa al naturale, sostenente un’aquila di nero; nel 2° mareggiato con una barca vogante con tre rematori, il tutto al naturale.
Storia
Personaggi
Dimore
Torino e Padova
Sepolture
Iconografia
Dipinti e Ritratti
Archivio fotografico
Fonti
Archivi di famiglie e di persone: materiali per una guida, 2: Lombardia-Sicilia, a cura di Giovanni Pesiri, Micaela Procaccia, Irma Paola Tascini, Laura Vallone, Roma, Ministero BBAAC, 1998 (Pubblicazioni degli archivi di Stato. Strumenti; 133), n° 1537.