Francesco Albani

Da EFL - Società Storica Lombarda.

(n. ca. 1473 † post 1535)

Genealogia

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Giovanni Cariani, Ritratto di Francesco Albani (1520 ca), Olio su tela (cm 106 x 80) Londra, National Gallery (n. 2494)


Figlio di DOMENICO e di ??

Sp. ca. 1498 Caterina Pecci, (ante 1480 † post 1509)

Figli:

MADDALENA

LODOVICA

GIAMBATTISTA

GIAN GEROLAMO


Politico e diplomatico. Fu detto “Pater patrie” per i suoi determinati e positivi interventi a favore di Bergamo, contesa da Venezia, Francia e Impero. Donatario dello zio Jacobo, con la clausola specialmente restrittiva, col cugino Nicola. Fu il vero fondatore delle fortune Albani, avendo acquistato per sé e la famiglia notevoli benemerenze presso il governo di Venezia, oltre che presso i concittadini ed avendo allargato i già rilevanti rapporti di parentela con le più cospicue famiglie lombarde.

ALBERTO CASTOLDI, Bergamo e il suo territorio, Dizionario Enciclopedico, Bergamo, Bolis Editore, 2004, p. 160 (voce ALBANI FRANCESCO): Cavaliere, membro di famiglia patrizia (XVI sec.). Fu più volte presente in Maggior Consiglio nei primi anni del ‘500. Fu privato di gran parte dell’eredità dallo zio Giacomo, del cui omicidio fu accusata nel 1503 la moglie di Francesco, Caterina Pecchio. Durante la guerra della Lega di Cambrai si affermò come diplomatico nei rapporti tra la Città e le diverse potenze occupanti, il che gli valse l’appellativo onorifico di “pater patriae”. Dopo Agnadello, d’accordo con Soccino Secco, andò con un gruppo di cittadini patrizi a Caravaggio ad offrire la dedizione di Bergamo a Luigi XII di Francia; la sua casa divenne residenza del nuovo governatore Antonio Maria Pallavicino. Con Trussardo Calepio, Soccino Secco e Luca Brembati diresse la difesa della Città dai Veneziani nel 1512; fu più volte ambasciatore di resa presso i Francesi e gli Spagnoli ed ebbe incarichi di governo e provveditoria, come la consegna fiduciaria delle chiavi della città da parte degli Spagnoli nel settembre 1515, dopo la battaglia di Marignano, e nuovamente sotto gli Imperiali. Nei successivi tentativi di riforma del governo di Bergamo rappresentò, come deputato di Vicinia, il partito dei cittadini che avevano acquisito ricchezze fondiarie durante la guerra. Dopo la conclusione della vertenza mediata dal Consiglio dei Dieci (1517) ebbe nuovamente parte nel governo della Città.


Giovanni Mariacher, Giovanni Busi detto Cariani, in AA.VV. I Pittori Bergamaschi dal XIII al XIX secolo. (Raccolta di studi a cura della Banca Popolare di Bergamo), Bergamo, Bolis, 1975, Il Cinquecento - Vol. I, p. 289 (scheda 35): Ritratto di un Albani Olio su tela (cm 106 x 80) Londra, National Gallery (n. 2494) Faceva parte in origine della collezione Noli a Bergamo; nel 1883 si trovava nella collezione Salting, nel 1910, infine, venne acquistato dalla Galleria londinese. L’identificazione del personaggio in un Albani venne fatta in base ad una copia del ritratto stesso, proprietà Suardi a Bergamo, ove appare visibile sul parapetto, dietro la tavola e di fianco al braccio del soggetto, lo stemma della famiglia. In particolare il Morelli, pur senza poterlo dimostrare, sostiene trattarsi di Francesco Albani. L’attribuzione al Cariani è pacificamente accettata da tutta la critica, compreso il Berenson. È opera tra le più significative dell’artista che si qualifica qui tra i maggiori ritrattisti del tempo. Appartiene certamente al periodo bergamasco, forse nel momento tardo del soggiorno dell’artista in terra lombarda: vi sono, infatti, elementi desunti dalla consuetudine con il Lotto, come la luce che si insinua tra le mani del personaggio, ma la impostazione così corposa e massiccia dell’insieme, la imponenza quasi aggressiva del personaggio, sicuro di sé, la sua invadenza attraverso la dovizia dell’abito prezioso, sono tutti elementi che danno una notevole originalità al dipinto e consacrano le doti di ritrattista del suo autore. Splendido lo squarcio di paesaggio oltre la tenda, sulla sinistra. Bibl.: G. Morelli 1893, p. 25 ; A. Venturi 1928, IX, p. 456; R. Longhi 1928; L. Gallina 1954, p. 124; B. Berenson 1958, p. 56; C. Gould 1959, p. 26.

Francesco Rossi, scheda in RODOLFO PALLUCCHINI – FRANCESCO ROSSI. Giovanni Cariani. Credito Bergamasco, Monumenta Bergomensia, LXIII, Bergamo, 1983, p. 123, (scheda 42): RITRATTO DI FRANCESCO ALBANI (tav. XXXI, fig. 80) Olio su tela, cm. 108,6 x 83,2 (n. 2494) 1520 circa Londra, National Gallery Provenienza: già in casa Noli a Bergamo (cfr. Locatelli, 1869); passato entro il 1870 in proprietà Luigi Albani, forse per eredità; entrato nel 1883 in collezione George Salting, Londra; depositato nel 1902 alla National Gallery (cessione definitiva, per legato, nel 1910). Il personaggio effigiato è Francesco Albani, nobile bergamasco che ebbe una parte decisiva nella difesa di Bergamo a favore di Venezia appena prima della pace di Noyon (cfr. Belotti, III, 1955 pp. 214 e ss.), derivandone il titolo di “pater patriae”. L’identificazione fu proposta dal Morelli (1891) per confronto con una seconda versione ora in collezione Suardi a Bergamo, che reca lo stemma Albani e già nel ‘700 era vista come ritratto dell’Albani (cfr. n. A 16); ed è confermata dal fatto che nel dipinto londinese il cavaliere reca all’indice della mano destra un anello-sigillo con le lettere FA in controparte, le iniziali appunto di Francesco Albani. Del resto, i rapporti del Cariani con il nobile bergamasco sono ormai ben noti, con la scoperta dei documenti relativi alla Pala di S. Gottardo e della parte avuta dall’Albani nell’affidamento della commissione al pittore. L’attribuzione del dipinto londinese al Cariani è concorde, e se mai la discussione verte sulla priorità dell’una e dell’altra versione del ritratto. Anche una datazione intorno al 1520 è accettata quasi unanimemente, anche se il Freedberg (1975) propone - senza motivazioni particolari - una collocazione al 1522, e il Baldass (1929) e il Mariacher (1975) ne posticipano l’esecuzione addirittura al 1525, per una asserita prossimità al Ritratto di uomo con pelliccia, datato 1526, della Accademia di Venezia. Ma il ritratto londinese non è concepibile che in stretta vicinanza, cronologica e stilistica, con i Sette Ritratti Albani, cui lo legano perfino certi dettagli di arredo come il tendaggio-cortina bordato di bruno che isola la figura dal bellissimo paesaggio. L’Albani fu probabilmente il committente anche della tela Roncalli: in ogni caso il Cariani ne riprende qui il modulo espanso, che consente al gran giallo del manto di occupare fragorosamente il proscenio, e il modo di tagliar le pieghe in linee nette e dirette, e perfino l’idea di far correre il panneggio dall’angolo inferiore a finire in un groppo, come indicando le direttrici di profondità. E identico nei due quadri è il modo di sentire le masse come corpi veri e grevi, riscattando con una sorta di spregiudicato realismo quel tanto di aulico e “di circostanza” che il ritratto nell’impianto possiede (ma cfr. Cortesi Bosco, 1980, che parla di “adulazione di una ritrattistica aulica”). Quanto alla versione Suardi, che il Troche (1932), il Gallina (1954) e il Safarik (1972) ritengono l’originale, essa è a mio parere una copia (come indicato da Gould, 1975, e Mariacher, 1975) collocabile non prima del terzo/quarto decennio. Per stabilire la priorità dell’esemplare londinese, mi sembra decisivo il fatto che esso non reca lo stemma Albani, e quindi non può essere una copia (cfr. Gould, 1975), e che invece il copista Suardi ha ignorato il dettaglio delle iniziali sull’anello, difficilmente leggibili. Bibliografia: Locatelli, II, 1869 p. 40; Esposizione..., Catalogo, 1870 p. 43; Cavalcaselle, II, 1871 p. 551; Esposizione..., Catalogo, 1875 p. 6 n. 31; Morelli, 1891 p. 35; Venetian Art..., Catalogo, 1894/5 p. 28 n. 114; Berenson, 1895”; Ffoulkes, 1895 p. 254; Gronau, 1895 p. 435; Berenson, 1899 p. 100; Moratti, 1900 p. 194; Berenson, 1901 p. 140; Guiffrey, 1901 p. 291; Glasgow International..., Catalogo, 1902 p. 106; Ffoulkes, 1904 p. 497; Reinach, I, 1905 p. 403; Foratti, 1910 p. 183; Phillips, 1910* p. 21; Hadeln, 1911 p. 596; Cavalcaselle, III, 1912 p. 453; Catalogo National Gallery, 1913 p. 119; Fornoni, 1920 pp. 189 e 199; Holmes, 1923 p. 200; Longhi, 1927 p. 223; Venturi, IX/3, 1928 p. 456; Baldass, 1929 pp. 105 e 109; Catalogo National Gallery, 1929 p. 54; Fiocco, 1931 p. 6; Berenson, 1932 p. 127; Troche, 1932 p. 7 n. 14; Troche, 1934 pp. 107 e 120 n. 25; Berenson, 1936 p. 110; Spini, 1947 p. 3; D’Ancona, 1948 p. 614; Gallina, 1954 pp. 94 e 124; Berenson, 1957 p. 54; Berenson, 1958 p. 56; Gould, 1959 p. 26; Dessy, 1960 pp. 52/3 e 141; Cappi Bentivegna, 1962 p. 292; Castelnuovo, 1966 fig. 6; Levi Pisetzsky, 1966 p. 136; Safarik, 1972 p. 528; Dizionario Bolaffi, 1972 p. 59; Gould, 1973 p. 100; Freedberg, 1975 p. 695 nota 25; Gould, 1975 p. 47; Mariacher, 1975 p. 289 n. 35; Wright, 1976 p. 32; Martini, 1978 p. 66; Lazzari, I, 1979 p. 74; Cortesi Bosco, 1980 p. 56 nota 21. Esposizioni: Esposizione provinciale bergamasca, Bergamo 1870; Esposizione d’arte antica, Bergamo 1875 n. 31; Exhibition of Venetian Art, New Gallery, London 1894/95 n. 144; Glasgow International Exhibition, Glasgow 1901.


Copia o replica da Giovanni Cariani, Ritratto di Francesco Albani (1540 ca), Olio su tela (cm. 113 x 99) Bergamo, Collezione privata

Ivi, p. 272 (scheda A 16): RITRATTO DI FRANCESCO ALBANI Olio su tela, cm. 113 x 99 Copia o replica da Giovanni Cariani, 1540 ca. Bergamo, Collezione privata Provenienza: alla fine del 700, in casa dei conti Albani in Borgo S. Antonio (cfr. Tassi, 1793); passato entro il 1833 in casa Suardi a Bergamo (cfr. Facchinetti). 1793 il Tassi descriveva in casa dei conti Albani, come opera del Lotto, un “ritratto del cav. Francesco padre del card. Girolamo Albano vestito in abito di cavaliere aureato con bei drappi d’oro e di veluto naturali oltre ogni credere”. Tale ritratto è talvolta elencato tra le opere perdute del Lotto, e più spesso identificato con il Ritratto di Francesco Albani alla National Gallery di Londra, che ha diversa provenienza (cfr. n. 42). Il ritratto citato dal Tassi è invece questo passato in casa Suardi, che è copia di quello londinese (anche se taluni critici lo ritengono l’originale). Contrariamente a quanto solitamente ripetuto, le differenze tra le due versioni sono molte, e marcate. La tela Suardi risulta notevolmente allargata sul lato destro, con effetto non gradevole, e in alto, per una I fascia ridotta; la tenda e il ciclo sono completamente ridisegnati; sotto il davanzale è stato aggiunto lo stemma di casa Albani. A parte questo, la fattura è completamente diversa, morbida e “tizianesca” a Bergamo mentre l’esemplare londinese è secco nel disegno e violento negli stacchi cromatici. La copia Suardi fu dunque dipinta almeno una quindicina d’anni dopo l’originale: e non è escluso che si tratti di una replica dello stesso Cariani, dato che la nuova stesura del ciclo, contrastata e “romantica”, ricorda abbastanza da vicino opere tarde come il Loth e le figlie del Castello Sforzesco di Milano. Bibliografia: Tassi, I, 1793 p. 126 (Lotto); Facchinetti, 1833 p. 13; Locatelli, II, 1869 p. 41; Cavalcaselle, II, 1871 p. 551; Berenson, 1895*; Ffoulkes, 1895 p. 254; Berenson, 1899 p. 99; Moratti, 1900 p. 195; Berenson, 1901 p. 140; Foratti, 1910 pp. 182 e 190; Cavalcaselle, III, 1912 p. 453; Fornoni, 1920 p. 169; Venturi, IX/3, 1928 p. 465; Troche, 1932 pp. 4 e 7 n. 13; Troche, 1934 pp. 107 e 120 n. 24; Gallina, 1954p. 65, 73, 94 e 108; Berenson, 1957 p. 53; Berenson, 1958 p. 55; Dessy, 1960 pp. 52 e 139; Safarik, 1972 p. 528; Gould, 1975 p. 48; Mariacher, 1975 p. 269: Paccanelli, 1976 p. 27.


Francesco Rossi, scheda in AA.VV. Pittura a Bergamo dal Romanico al Neoclassicismo, a cura di Mina Gregori – Cariplo, Milano, 1991, p. 243

GIOVANNI CARIANI Ritratto di Francesco Albani (Tav. 46) Olio su tela 109 x 83 Londra, National Gallery Il personaggio - individuato dall’esistenza di una copia con lo stemma Albani e dalle iniziali “FA” sull’anello - è quello stesso Francesco Albani che procurò al Cariani la commissione della Pala di San Gottardo e gli ordinò il ritratto di gruppo noto come Sette ritratti Albani; e le relazioni tra l’artista e il gentiluomo bergamasco sono forse anche più antiche, se a lui va connessa la Allegoria di una vittoria di Venezia, che è relativa alla guerra, conclusasi con la pace di Noyon (1516), di cui l’Albani fu tra i protagonisti in Bergamo (Pallucchini-Rossi, 1983, p. 26). Il complesso delle circostanze è tale da indurre a credere che sia stato appunto l’Albani, personalità assai influente a Bergamo, ad introdurre il Cariani in città, ma i dati di stile fanno ritenere che il Ritratto si collochi intorno al 1520, come ultimo episodio delle relazioni tra i due ed anzi come momento di distacco da quella cifra sottilmente intellettualistica che caratterizza le opere precedenti. Viceversa, il Ritratto è costruito in un modulo espanso e apertamente veristico (anche se la Cortesi Bosco, 1980, p. 56, parla di “ritrattistica aulica”), con una fragorosità di cromie ed una spregiudicatezza di percezione che introduce gli anni Venti, quelli in cui il Cariani più evidentemente subisce, un poco esteriormente del resto, l’influsso della ritrattistica psicologica e “naturale” del Lotto: dopo un lustro di ininterrotta attività a Bergamo, l’artista sembra rinnegare le motivazioni profonde della sua venuta, la sua matrice giorgionesca cioè, e intraprende la difficile via - che avrà il suo culmine nel Giovanni Benedetto Caravaggi alla Carrara - di un innesto tra colorismo veneziano e naturalismo lombardo. F. R.