Lorla

Da EFL - Società Storica Lombarda.

Le prime notizie della famiglia Lorla risalgono alla fine del ‘500: originaria di Arona sul Lago Maggiore e trasferita a Bellagio, lì vi possiede case e terreni. Alla fine del ’600 un Giacomo Lorla è documentato a Bellano (LC) e Taceno come possidente. Un giovane pronipote, a sua volta di nome Giacomo (1729-1809), sacerdote, è nominato parroco prima di Varenna e poi di Perledo e dotato dai Lorla di molti beni in usufrutto.

Nel XVIII secolo Carlo Lorla e la moglie Delia inviarono ad Amsterdam (divenuta la piazza finanziaria e commerciale più importante d'Europa), presso un parente Pensa, i due figli Giacomo (1726-1794) e Agostino (1733-1800): costoro si arricchirono in breve col commercio molto redditizio di prodotti quali caffè, zucchero, cacao, spezie, provenienti dalle Indie e dalle Americhe e con attività bancarie, soprattutto quelle di cambio valute, funzione allora fondamentale in un Europa ove ogni grande e piccolo Sovrano aveva la sua moneta.

Intanto a Milano Giuseppe, (1727-1792), fratello di Giacomo, fondava, con Francesco e Andrea Pensa, l’“Imperial Regia Manifattura Lorla e Pensa”, uno dei primi esempi di impresa tessile moderna in Italia, con sede in Via Rugabella: 110 telai, 450 operai, guidati da 47 istruttori francesi provenienti da Lione, e un indotto di filande minori sparse sulle sponde del Lario ed in Brianza, rifornivano di velluti di seta la corte di Vienna e il mercato austriaco. Cesare Beccaria in un suo rapporto all'Imperatore Giuseppe II definiva la Manifattura "fabbrica che è la sola grandiosa di questo Stato”, e, negli anni in cui rivestiva la carica di consigliere di governo del Ducato di Milano, la gratificò con esenzioni dai dazi e consistenti prestiti da parte del governo austriaco. I viaggiatori stranieri che ebbero occasione di visitarla ne lodarono non solo l’efficienza produttiva e la qualità dei tessuti, ma anche il fatto che fornisse istruzione religiosa, ospitalità e cibo agli operai adolescenti. Cesare Cantù in due suoi scritti additava i Lorla e i Pensa come i pionieri dell'industria italiana.

Sia Giuseppe Lorla sia il fratello Giacomo, una volta ritornato dall'Olanda, vennero eletti più volte "abati" della Camera di Commercio di Milano. I rapporti commerciali unidirezionali con l’Austria e la concorrenza che la manifattura esercitava nei confronti delle seterie di Lione ne determinarono, all’arrivo dei francesi in Lombardia nel 1796, la chiusura.

I beni della famiglia rimasero comunque cospicui e furono ulteriormente incrementati dalle eredità: Agostino Lorla legò a un cugino di secondo grado, ancora minorenne, Domenico, tutti i suoi beni immobili, tra cui una filanda a Bellano, e la somma, rilevantissima per quei tempi, di 100.000 fiorini d'oro.

(Voce a cura di Bernardino Osio; rev. D. Zanacchi)

Genealogia

Stemmi

Storia

Personaggi

Domenico Lorla (1784-1854): figlio di Bartolomeo (primo contribuente di Bellano), diventò durante il Regno d’Italia napoleonico sindaco della cittadina comasca. Nel 1848 fece parte della “giunta” qui insediata che governava in accordo col Governo Provvisorio istituito a Milano dopo le Cinque Giornate. Viveva in una dimora costituita da un ampio complesso di edifici barocchi circondati da uno splendido giardino; si comportò da munifico mecenate, finanziando l'ospedale di Bellano con 500 lire milanesi all'anno e mantenendo la scuola elementare gratuita per i fanciulli poveri. Vendette la filanda ereditata dal prozio ad altri industriali setaioli, i fratelli Gavazzi. Costruì poi “I Roccoli”, due postazioni di caccia sul Monte Legnone, che vennero poi ceduti al CAI nel 1890. Qui il rifugio del CAI di Dervio mantenne il nome di “Roccoli Lorla”.

Ottemperando alle disposizioni di Napoleone che esigevano per ragioni sanitarie la collocazione dei cimiteri al di fuori dei centri abitati e proibivano la sepoltura nelle chiese, disposizioni poi mantenute anche col ritorno degli Austriaci, permutò un grande vigneto di sua proprietà con l’area del vecchio cimitero (con cui ampliò la superficie del suo giardino), costituendo così la nuova zona cimiteriale di Bellano. Ebbe sei figli, due maschi Francesco e Agostino, e quattro femmine, tutte coniugate con esponenti della piccola nobiltà. Il figlio primogenito Francesco laureato in giurisprudenza, notaio, proprietario di una segheria di granito a Rezzonico, morì tragicamente annegando nel lago (insieme all'amico milanese Enrico Milesi, appartenente a una famiglia che aveva relazioni di amicizia con Manzoni, Porta, Foscolo e Stendhal): il suo cadavere non venne mai ritrovato. Quello di Milesi rimase incagliato in una rete da pesca quasi due anni dopo l’incidente: a Bellano vennero celebrati funerali solenni e la notizia ebbe grandissimo risalto nelle cronache del tempo. Tommaso Grossi andò di persona a Brusuglio per informarne Alessandro Manzoni.

Agostino Lorla (1815-1888): fratello di Francesco, depositario, alla sua morte del nome della famiglia, viene ricordato per il suo carattere burbero, per la misantropia, per una serie di appassionati interessi e per certi suoi atteggiamenti: visse un’esistenza solitaria nella villa di Bellano, occupandosi soprattutto del giardino; amante degli animali (cani, soprattutto da caccia, e uccelli che teneva in grandi voliere), aveva un pappagallo parlante e impose che le finestre nell’ultimo piano del palazzo fossero sempre aperte affinché vi potessero entrare liberamente le rondini a nidificare. Nel grande parco arricchito da fontane e giochi d’acqua, coltivava anche specie di flora esotica, che proteggeva con serre per ripararle dal clima invernale e fece costruire una grande peschiera perché dopo la morte del fratello si rifiutò di mangiare pesci pescati direttamente nel lago.

Perse una mano in un incidente di caccia, attività che lo entusiasmava; solo in occasione delle battute che organizzava ai Roccoli venne descritto allegro, conviviale, festoso. Le cronache raccontano che, in un tempo in cui l’attenzione all’ambiente e la cultura animalista erano ancora molto lontane e l’Italia celebrava le imprese venatorie de “le roi chasseur”, a lui si debba l’uccisione degli ultimi esemplari di orsi presenti nella zona. Quando morì nel 1888 non lasciò un testamento: tra i vari aspiranti all’eredità si scatenarono come prevedibile beghe e litigi. Ma le fortune di famiglia si erano ormai assottigliate, i debiti costrinsero a vendere molti terreni e immobili.

Nel patrimonio familiare restarono fino al 1937 l'antico palazzotto barocco, ancora esistente, nel cuore del paese di Bellano (eredi Vitali Nogara), e a tutt’oggi alcune zone boschive sopra Bellano, Perledo e Varenna (eredi Nogara, Osio e Boselli). Lo splendido giardino venne donato per la quasi totalità alla parrocchia, che lo utilizzò per la costruzione dell’oratorio, con conseguenti distruzioni, demolizioni e trasformazioni, mentre rimane abbastanza intatta la parte terminale con una deliziosa cafè-house di origine settecentesca. Il Comune di Bellano pare sia attualmente interessato alla risistemazione e al restauro di quest’area verde per consentirne un uso pubblico.

Dimore

Sepolture

Iconografia

Fonti

Archivio di famiglia Lorla-Nogara

Bibliografia

Bruno Caizzi, Industria, Commercio e Banca in Lombardia nel XVIII, Milano, Banca Commerciale Italiana, 1968, pp. 112-115

Cesare Cantù, Portafoglio d’un operaio, Milano, Tip. Agnelli, 1872, p. 69

Cesare Cantù, L'Abate Parini e la Lombardia nel secolo passato, Milano, Gnocchi, 1853, p. 277

Joseph-Jérôme de La Lande, Voyage en Italie, Yverdon 1779, pp. 351-352

Carlo Antonio Vianello, Il Settecento Milanese, Milano, Baldini e Castoldi,1934, pp. 226, 227

Fabrizio Cartocci, Cesare Beccaria e l'industria serica comasca, Como, Dominioni, 2014

Edizione Nazionale delle Opere di Cesare Beccaria, vol. IX, Milano, MedioBanca, 1998, p. 231

Ezio Flori, Il figliastro del Manzoni. Stefano Stampa: Dal carteggio inedito di donStefano, Milano, Cisalpino, 1939, pp. 98-100

Massimo D'Azeglio, Epistolario (1819-1866), a cura di Georges Virlogeux, Torino, Centro Studi Piemontesi, volume II (1841-1845), pp. 176 e 179

Tommaso Grossi, Carteggio (1816-1853), a cura di Aurelio Sargenti, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, 2005, vol. I, p. 521

Giacomo Venini, Il Lario dei nostri antenati, Como, Franchi, 1877

Sitografia

Documenti

Collezioni

Note