Archinto

Da EFL - Società Storica Lombarda.
Spreti vol. I, p. 416
Spreti vol. I, p. 417

Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milano, 1928-32, vol. I pp. 416-417:

ARCHINTO

Famiglia nota per la sua opulenza sin dagli ultimi anni della dominazione viscontea e durante il principato degli Sforza.

GIUSEPPE († 1476) raccolse una grande fortuna nella mercatura e fu avo di FILIPPO (1500-1558), ambasciatore milanese a Bologna per l’incoronazione di Carlo V, vescovo di Borgo San Sepolcro, di Saluzzo e poi arcivescovo di Milano.

Altro FILIPPO, morto nel 1632, nipote di quest’ultimo, fu vescovo di Como ed ebbe a successore AURELIO († 1622). Questi fu fratello di OTTAVIO († 1656), dei XII di Provvisione, erudito fondatore della preziosa raccolta di epigrafi, di statue, di quadri posta nel suo palazzo in Milano; con diploma 26 novembre 1634 ebbe il titolo di conte di Barate con trasmissione primogeniale maschile: il suo ramo è estinto. CARLO († 1665) sotto la stessa data venne invece decorato del titolo di conte di Tainate colla stessa trasmissione e nel 1647 fece acquisto del feudo di Erba e terre annesse; fu vicario di Provvisione e senatore. Il figlio di lui, GIUSEPPE (1651-1712), arcivescovo di Tessalonica, tenne la nunziatura di Firenze, di Venezia e presso la corte di Spagna; fu poi arcivescovo di Milano ed insignito della porpora cardinalizia, mentre de’ suoi nipoti, GIROLAMO (1672-1721), arcivescovo di Tarso, venne inviato quale nunzio alla corte di Toscana, in Germania ed in Polonia e CARLO (1670-1732), dei XII di Provvisione, fu uomo assai colto e gran signore: aumentò con nuovi e numerosi acquisti la già ricca biblioteca della casa e fondò un’accademia, che dotò di suppellettile scientifica con grande dispendio: fu altro dei membri della Società Palatina e grande di Spagna. Fu padre di ALBERICO, morto nel 1758, arcivescovo di Nicea, nunzio in Toscana ed in Polonia, cardinale e segretario di Stato ed avo di GIOVANNI († 1779), pure cardinale e vescovo di Sabina e di CARLO (1734-1804), dei XII di Provvisione; lasciò erede del suo ingentissimo patrimonio il cugino conte GIUSEPPE (1783-1861), fastosissimo cavaliere, che fu inviato ambasciatore nel Belgio per chiedere la mano della principessa Carlotta per l’arciduca Massimiliano poi imperatore del Messico. L’attuale capo della famiglia, altro GIUSEPPE, porta i titoli di conte di Tainate, signore di Erba e Vill’Albese, consignore di Albizzate e marchese di Parona in Piemonte.

Gli Archinto vestirono l’abito di Malta e sono ascritti al patriziato milanese e pisano. Hanno il trattamento di don e di donna.

Cfr. A. S. M. Araldica; LITTA, Fam. cel. ital.

a. g. [Alessandro Giulini]

Ivi, Appendice, parte I, pp. 225-229:

Famiglia già nota a Milano fin dal secolo XII, che secondo una leggenda, riferita da parecchi scrittori, avrebbe avuto origine da ARICHIS, terzogenito del duca Romualdo di Benevento e di Teodorata, figlia di Lupo, duca del Friuli. Come famiglia ascritta da tempo immemorabile al patriziato milanese, essa fu esonerata, al tempo di Maria Teresa, dall’obbligo di presentare le prove della sua antica e generosa nobiltà e fu senz’altro inscritta nel Catalogo delle Famiglie Nobili con la contemporanea delineazione dello stemma gentilizio nel Codice Araldico della Lombardia Austriaca. Oltre il titolo di patrizio milanese (m.), la famiglia gode, pertanto, del titolo di nobile (mf.) e del trattamento di don e donna. Ottenne, inoltre, il Grandato di Spagna da Filippo V nel 1702 e da Carlo VI nel 1711; ma per le vicende della Lombardia durante le guerre per la successione al trono di Spagna, il titolo non poté essere trasmesso ai discendenti. Nelle stesse condizioni vennero a trovarsi quasi tutti i nobili lombardi insigniti del titolo di cui si tratta. Con l’avvento dell’Austria in Lombardia, per effetto del trattato di Utrecht (1713), il Grandato fu considerato titolo onorifico straniero e quantunque Carlo III, salito al trono imperiale col nome di Carlo VI, avesse cercato di conservare presso di sé il diritto di conferire tali onori, i nobili milanesi, Grandi di Spagna, finirono col perdere il titolo, sia perché Carlo VI ormai non possedeva più la corona di Spagna, sia perché la tesoreria imperiale pretendeva enormi tasse per l’onorifica distinzione (Cfr. Forte F., Archintea Laus, Milano, 1932, p. 164). Da una relazione in data 17 agosto 1820 della I. R. Commissione Araldica Lombarda (A. S. M., Governo, p. a. Araldica, cart. 185), risulta che i Grandi di Spagna domiciliati in Lombardia godevano del trattamento di Eccellenza per sé e per le loro consorti, del diritto di usare il baldacchino durante le cerimonie funebri in chiesa e lo stemma con l’ornamento del manto foderato di ermellino. Ciò spiega il lungo uso del manto nello stemma degli Archinto, quantunque tale ornamento non figuri nello stemma registrato nel Codice Araldico. Questo riporta, invece, lo stemma accollato all’aquila bicipite imperiale, come da speciale privilegio 26 luglio 1678 concesso dall’imperatore Leopoldo I alla famiglia, in considerazione degli eminenti servigi resi alla causa dell’Impero dal conte FILIPPO (1644-1712), ambasciatore di Carlo II, re di Spagna, a Vienna. Gli Archinto godono inoltre del titolo di patrizio di Pisa per maschi, concesso con decreto 4 settembre 1816 dal granduca di Toscana, Ferdinando III d’Austria, al conte LUIGI (1742-1821), che si distinse in opere di pietà e benefiche a favore della città predetta.

Ai titoli suindicati la famiglia aggiunge numerosi titoli di natura feudale. Di più antico acquisto è quello di conte di Tainate per maschi primogeniti, derivante dall’acquisto del feudo omonimo fatto dal conte CARLO, di Cristoforo, con atto 3 ottobre 1625 a rogito Cesare della Porta, che ottenne il R. Assenso in data 22 dicembre 1627. Più tardi, con diploma 26 novembre 1634, Filippo IV, re di Spagna, vi appoggiò il titolo comitale. A questo segue, in ordine di acquisto, il titolo di signore di Erba, Incino con Villincino e Rovere, Orsenigo con Parzano, Lezza e Carpesino, nella pieve d’Incino, derivato dall’acquisto dei diritti feudali sulle terre predette fatto dal conte Carlo (1610-1665), allora capitano di giustizia dello stato di Milano, con istrumento 6 luglio 1647 a rogito del notaio camerale Francesco Mercantolo. Più tardi, lo stesso conte Carlo, con istrumento 14 novembre 1656, rogato dal detto notaio Mercantolo, acquistò la giurisdizione feudale anche su Villa (oggi Vill’Albese), Molena e Saruggia ; onde la famiglia porta anche il titolo di signore di Vill’Albese, Molena e Saruggia per maschi primogeniti.

Il titolo di marchese di Parona (Lomellina) (mpr.) proviene agli Archinto dagli Stampa. Il feudo fu acquistato, infatti, dal nobile don Gerolamo Stampa, del fu don Giacomo Maria, con istrumento 13 ottobre 1651 rogato dal notaio della R. Camera Carlo Montano, con diritto di trasmetterlo ai suoi figli e discendenti maschi in linea e per ordine di primogenitura; ma poiché dal suo matrimonio con donna Anna Visconti non aveva avuto che una sola figlia, Camilla, chiese ed ottenne che, per una sola volta, in mancanza di linea maschile legittima, potesse succedere anche la femmina e i di lei discendenti maschi primogeniti. Sullo stesso feudo, poi, con diploma 4 ottobre 1654, dato a Madrid e interinato dal Senato di Milano il 24 marzo 1655, Filippo IV d’Austria, re di Spagna e duca di Milano, appoggiò il titolo marchionale (A. S. M., Senato, Privilegi ed Interinazioni, Serie Alfabetica, cart. 45, fasc. Stampa). Alla morte di don Gerolamo, avvenuta nel 1666, successe nel feudo la predetta Camilla, sua figlia, la quale ne fu messa in possesso con ordinanza 12 novembre detto anno emessa dal Magistrato Camerale. Camilla sposò poi nel 1668 il conte FILIPPO Archinto e così il feudo passò negli Archinto a partire dal 1715, anno in cui morì la contessa Camilla. Quanto al titolo marchionale, premesso che nel 1703, per effetto del trattato di Torino, la Lomellina, al cui territorio appartiene Parona, passò alle dipendenze dei principi di Piemonte, più tardi (1716) re di Sicilia, indi (1720) re di Sardegna, nel 1715 gli Archinto prestarono giuramento di fedeltà al nuovo sovrano; nel 1734 notificarono il feudo col titolo marchionale, in ottemperanza alle disposizioni di un editto dello stesso anno, emanato dal re di Sardegna allo scopo di conservare ai feudi tutte le prerogative di cui alle singole investiture originarie, e pagarono la tassa detta la Cavalcata, che era imposta in relazione al titolo inerente al feudo; nel 1778 furono inscritti nel Titolario dei Feudatari del Regno, che si conserva in originale nell’Archivio di Stato in Torino, col titolo marchionale, e, infine, nel 1793, pagavano ancora la Cavalcata «sul feudo in titolo marchionale». Pur non essendoci stato un vero e proprio diploma di riconoscimento del titolo, i sovrani di Sardegna lo riconobbero e lo sanzionarono implicitamente, come la famiglia ha documentato innanzi alla Consulta Araldica del Regno.

Anche dalla famiglia Stampa e più precisamente dalla marchesa donna Anna Visconti, madre di donna Camilla Stampa, proviene il titolo di consignore di Albizzate per maschi.

La genealogia documentata della famiglia ha inizio con un MANFREDO, che il Corio e il Morigia, seguiti da molti altri storici milanesi (Salvatore Vitale, Gio. Pietro De Crescenzi, Giovanni Sitoni di Scozia, Gio. Giuseppe Vagliano, Filippo Argelati, Giorgio Giulini, Pompeo Litta ecc.), celebrarono per la sua pietà e per le sue liberalità a favore dell’abbazia fondata da S. Bernardo a Chiaravalle. Da Manfredo e da Marta Cusani, sua moglie, nacque GIUSEPPE, che sposò Antonia de’ Capitani d’Arzago, dalla quale i ebbe un altro MANFREDO. Questi nel 1217 fu ambasciatore dei consoli di Milano presso il pontefice Onorio III, contrasse più tardi matrimonio con donna Ottavia Giussani e morì nel 1248, mentre Milano cadeva sotto il dominio dei Torriani. Da lui ebbe vita, insieme con LODOVICO, canonico ed arciprete della Metropolitana di Milano, e GIO. STEFANO, che fu il primo della famiglia ad entrare nel consiglio dei Decurioni di Milano, GIACOMO (1270-1295), dal quale la genealogia della famiglia comincia ad avere copiosa documentazione. Da Antonia de’ Capitani di Vimercate, sua moglie, Giacomo ebbe quattro figli: MANFREDO, DIONIGI, AMBROGIO ed ANDREA. Il primogenito Manfredo è nominato in atti del 1291-1316 dell’abbazia di Chiaravalle, cui fece importanti donazioni; il secondogenito Dionigi vestì l’abito religioso nel convento di Chiaravalle col nome di Pagano, con cui è menzionato nell’atto di dichiarazione 5 gennaio 1316 fatta a Chiaravalle dai frati del convento a e favore di Manfredo, suo fratello (A. S. M., Fondo di Religione, Pergamene, cart. 578): Ambrogio, terzogenito, diede origine ad una linea che si estinse nel 1470, dopo aver dato eminenti personaggi distintisi specialmente al tempo dei Visconti; ANDREA, quartogenito, marito di Laura Landriani, perpetuò la famiglia. Da GIOVANNOLO, suo figlio, infatti, nacque BELTRAMOLO (1356, 1370, 1381, 1401, 1404, 1418; † 1433), che sposò Ursina de’ Capitani di Settala e fu padre di GIUSEPPE († 20 ott. 1477). Questi è ricordato come ambasciatore della Repubblica Ambrosiana a Como, dove ottenne che fosse riconosciuto il nuovo ordine di cose proclamato a Milano dopo la morte di Filippo Maria Visconti. Sposò Elisabetta Cesati, dalla quale ebbe otto figli, di cui sei maschi e due femmine. Tra i maschi, merita particolare menzione CRISTOFORO, uomo di vita patriarcale e santa, commissario ducale alla tratta dei «gualdi» nell’Oltrepò Pavese nel 1478, già defunto nel 1518, che da donna Maddalena della Torre, discendente dagli antichi signori di Milano, ebbe sei figli. GIO. BATTISTA, suo figlio, è celebre per una sdegnosa orazione pronunciata innanzi all’imperatore Carlo V nel 1538; suo fratello FILIPPO (1495-1558) fu tre volte ambasciatore dei Milanesi presso Carlo V; poi consigliere dello stesso imperatore, indi ai servigi della Chiesa al tempo di Paolo III e infine arcivescovo di Milano; ALESSANDRO, luogotenente imperiale presso il Tribunale di Provvisione e magistrato dell’Annona, fu un eminente giureconsulto, profondo studioso di teologia e sacri canoni, e lasciò parecchie opere manoscritte ricordate dall’Argelati. Da Alessandro e da sua moglie, che fu donna Ippolita della Croce, nacquero ben sedici figli. Tra gli altri, ricorderemo il secondogenito ROMOLO. vescovo di Novara (1533-1576); ORAZIO, gemello di Romolo, che dette origine al ramo detto di Barate, per l’acquisto del feudo di Barate, ramo estintosi nel 1740, e CARLO, capostipite del ramo di Tainate, tuttora fiorente (1535-1593). Carlo fu uomo di fiducia dell’arcivescovo di Milano S. Carlo Borromeo, che lo inviò presso Filippo II, re di Spagna, a perorare la causa dei luoghi pii di Milano e di Como, i beni dei quali erano stati venduti per stipendiare l’esercito spagnuolo (1566). Negli anni 1568, 1573, 1581 e 1592, Carlo sedé nel Magistrato dei XII di Provvisione e fu nominato maestro dì lunga toga nel Magistrato delle entrate straordinarie. Nel 1569 sposò donna Isabella Carcano, figlia del nobile don Gio. Battista, già consigliere dell’ultimo duca di Milano. Morì il 5 dicembre 1593, lasciando tre figli: POMPILIO, CRISTOFORO e DECIO. Pompilio e Decio si diedero alla religione; CRISTOFORO si congiunse in matrimonio con donna Anna Panigarola, figlia del conte Alessandro (1608). Da questo matrimonio trassero i natali undici figli, primo dei quali fu CARLO (1610-1665), eminente figura di giureconsulto, energico, attivo, cui fu affidato persino l’incarico di commissario generale dell’esercito allora comandato dal card. Albornoz. Entrò poi (1636) nel Consiglio dei LX Decurioni e, dopo il suo matrimonio con donna Caterina Arese, figlia del conte Giulio, allora presidente del Senato (1637), fu nominato luogotenente del Vicario di Provvisione, indi Vicario di Provvisione (1639), ambasciatore di Sua Maestà presso il pontefice Urbano VIII per la difesa di alcuni diritti giurisdizionali, giudice pretorio, commissario straordinario nelle provincie di Alessandria e Tortona infestate dai briganti (1640), capitano di giustizia (1647) e infine senatore dello Stato (1660). Da lui, tra gli altri figli, nacque FILIPPO (1644-1712), col quale la famiglia raggiunse il massimo splendore. Sposò, come già abbiamo accennato, donna Camilla Stampa, unica ereditiera delle famiglie Stampa, Gamboloita, Cusani, Velez de Guevara e Visconti, tutte imparentate con gli Stampa. Sedé a lungo nel Magistrato Straordinario, nel Collegio dei Nobili Giureconsulti; come ambasciatore del re di Spagna a Vienna, riuscì così accetto all’imperatore Leopoldo I, che questi gli conferì il privilegio di addossare lo stemma gentilizio all’aquila bicipite imperiale. Oltre il primogenito Filippo, tra gli altri figli del primo conte di Tainate, merita di essere menzionato anche GIUSEPPE, illustre principe della Chiesa, che per più di dodici anni resse la sede dei SS. Ambrogio e Carlo (1651-1712). Dal matrimonio del conte Filippo con donna Camilla Stampa, nacquero quattro figli. Il primogenito CARLO (1670-1732), che il Litta, sempre parco negli elogi, qualificò «onore della Patria», legò il suo nome all’opera immortale di Lodovico Antonio Muratori. Studiò nell’università di Ingolstadt filosofia e matematica, indi si dedicò alla chimica, alla fisica, alla medicina e alla storia naturale. Fu uomo quasi enciclopedico e scrisse moltissime opere, che per eccessiva modestia non pubblicò. Sposò donna Giulia Barbiano di Belgioioso e ne ebbe undici figli, tra i quali GIUSEPPE (1700-1777). Questi si trasferì a Modena ai servigi di Casa d’Este, ove conobbe e sposò verso il 1727 la nobile donna Giovanna de Barret, irlandese, figlia del nobile Giovanni, già comandante di una nave da guerra della flotta inglese che aveva seguito Giacomo Stuart cacciato dall’Inghilterra. Alla corte Estense comandò il corpo delle guardie addette alla persona dei duchi Francesco III ed Ercole III d’Este. Nel 1756 il Senato e il popolo di Reggio gli conferirono il titolo di nobile di Reggio trasmissibile ai discendenti, ma finora la famiglia non ha provveduto a farsi riconoscere questo titolo. Tra i suoi fratelli, non può essere omesso ALBERICO, che è un’altra eminente figura di prelato, dall’alto ingegno e dalla vasta cultura specialmente nelle scienze politiche portato ai più alti gradi della gerarchia ecclesiastica, di cui certo avrebbe raggiunto il massimo grado se la morte non lo avesse proditoriamente colpito (1702-1758). Così non può essere trascurato GIOVANNI, figlio di Filippo e nipote quindi di Alberico, che raggiunse anch’egli la porpora cardinalizia (1732-1799). Da Giuseppe e da Giovanna de Barret, trasse i natali, tra gli altri, LUIGI (1742-1821), marito della nobile Marianna dei marchesi Manfredi di Cremona. Egli visse lungamente a Pisa, ove si distinse in opere di pietà e beneficenza, e morì a Monza, lasciando ai suoi quattro figli un patrimonio di importanza eccezionale, che nel giro di pochi anni fu distrutto da suo figlio GIUSEPPE (1783-1861), uomo non privo d’ingegno e di cultura, ma affetto da terribile megalomania. Da Giuseppe e da Cristina Trivulzio. sua moglie, nacque LUIGI, che si distinse nelle gloriose Cinque Giornate di Milano, e che da Giulia Gargantini, sua moglie, ebbe Giuseppe e Cristina sotto indicati.

Sono iscritti nell’Elenco Uff. Nob. Ital. 1933, coi titoli di Marchese di Parona (mpr.). Conte di Tainate (mpr.), Signore di Erba (mpr.), Signore di Vill’Albese (mpr.), Consignore di Albizzate (m.), Patrizio Milanese (m.), Patrizio di Pisa (m.), Trattamento di Don e Donna:

GIUSEPPE, di Luigi, di Giuseppe, n. a Milano 16 aprile 1863. morto a Milano 13 dicembre 1934, Ingegnere, spos. a Modena 30 ottobre 1897 con Erminia Sacerdoti, di Leone, morta l’11 novembre 1929.

Figli: LUIGI FILIPPO, n. a Milano 12 maggio 1900. Dottore in Scienze Sociali, Cav. dell’Ordine Equestre del S. Sepolcro, spos. ad Agliate Brianza 18 settembre 1930 con Donna Maria Luisa dei Marchesi Gropallo Rocca Saporiti; Archinta Maria, n. a Milano 30 ottobre 1902, spos. a Cavallasca (Como) il 28 settembre 1927 con il Conte Guglielmo Costanzo Castelbarco Albani Visconti Simonetta. Sorella: Cristina, n. a Milano 24 marzo 1861, spos. a Paderno (Milano) il 18 febbr. 1895 con Don Francesco Moncada Conte di Cammarata, dei Principi Paternò.

Figli di Luigi Filippo, non iscritti, nell’Elenco 1933: Beatrice, n. a Milano 11 luglio 1931; ALBERICO, n. 7 dicembre 1932.

f. f. [Francesco Forte]


Genealogia

Genealogia Archinto

Teatro genealogico delle famiglie nobili milanesi: manoscritti 11500 e 11501 della Biblioteca Nacional di Madrid, a cura di Cinzia CREMONINI, Mantova: Gianluigi Arcari, 2003

Stemmi

Stemmi famiglia Archinto

ARMA: Di verde a tre fasce d’argento contro innestate.

CIMIERO: La figura di un re, coronato all’antica, vestito di rosso, col manto foderato di ermellino, collo scettro nella destra.

La figura di una principessa, coronata all’antica, col manto foderato di ermellino, posta in maestà, e tenente con ambo le mani una lista su cui è scritto il

MOTTO: Archintea Laus.

ORNAMENTI: Il manto foderato di ermellino.

Lo stemma accollato all’aquila bicipite imperiale.

Storia

Personaggi

Giovanbattista Archinto (1488-1543) (Dizionario Biografico Treccani)

Filippo Archinto (1500-1558) Arcivescovo di Milano (Dizionario Biografico Treccani)

Carlo Archinto (1610-1665) (Dizionario Biografico Treccani)

Filippo Archinto (1644-1712) (Dizionario Biografico Treccani)

Giuseppe Archinto (1651-1712) (Dizionario Biografico Treccani)

Carlo Archinto (1670-1732) (Dizionario Biografico Treccani)

Gerolamo Archinto (1672-1721) (Dizionario Biografico Treccani)

Alberico Archinto (1698-1758) Arcivescovo (Dizionario Biografico Treccani)

Giovanni Archinto (1732-1799) Cardinale (Dizionario Biografico Treccani)

Dimore

Milano

Iconografia

Dipinti e Ritratti

Archivio fotografico

Fonti

http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodfamiglia&Chiave=30334&RicPag=3&RicVM=indice&RicSez=prodfamiglie&RicTipoScheda=pf

Bibliografia

Voce Archinto in Dizionario Biografico degli Italiani [1961])

http://verbanensia.org/biografie_details.asp?bID=29650&action=A&tipo=2

Documenti

Collezioni

Note